Le ripercussioni della crisi economica, a causa della quale molte persone soffrono di disturbi del sonno, si fanno sentire in Italia soprattutto sulla salute mentale della popolazione

La salute fisica rimane invece stabile, secondo un’indagine Istat «Tutela della salute e accesso alle cure» presentata a Roma.
«La depressione è il problema mentale più diffuso e riguarda 2,6 milioni (il 4,4% della popolazione) di persone con prevalenze doppie tra le donne in tutte le età» L’indice che definisce la salute mentale, stando ai dati, è sceso di 1,6 punti nel 2013 rispetto al 2005, in particolare per i giovani fino a 34 anni (-2,7 punti), soprattutto maschi, e gli adulti tra 45-54 anni (-2,6). Ancora maggiore il calo per la popolazione straniera, dove arriva tra le donne a 5,4 punti. Stabile invece la salute fisica percepita, con il 7,3% delle persone sopra i 14 anni che dichiara di stare male o molto male, in leggero calo rispetto al 7,4% del 2005. «Rimangono invariate – sottolinea il rapporto – le disuguaglianze sociali nella salute, nei comportamenti non salutari, nelle limitazioni all’accesso ai servizi sanitari. Permane lo svantaggio del Mezzogiorno rispetto a tutte. Le dimensioni considerate».

In aumento i tumori maligni, Alzheimer e demenze senili

Ma quali sono le cause di depressione più frequenti?
Tra le ragioni più diffuse troviamo l’aver vissuto eventi dolorosi, la consapevolezza di avere una grave malattia, la difficoltà di gravi problemi economici e la perdita del lavoro.
Si è registrato inoltre un aumento dei tumori maligni, che sono il 60%, a parità di età, rispetto al 2005.
Anche altre patologie sono aumentate, quali tiroide (+52%), l’Alzheimer e le demenze senili (+50%), l’emicrania ricorrente (+39%), le allergie (+29%) e l’osteoporosi (+26%), mentre sono dimiuite bronchite cronica-enfisema (-24%) e artrosi-artrite (-18%). Queste variazioni nel tempo – precisa l’Istat – sono dovute a numerosi fattori, tra cui i progressi della medicina e il miglioramento delle capacità diagnostiche, la migliore consapevolezza e informazione dell’intervistato sulle principali patologie rispetto al passato, i cambiamenti epidemiologici in atto in una popolazione più vecchia e meno istruita del passato. Sembra che sia in crescita il numero di italiani che, alle prime avvisaglie di malattia, preferisce consultare il più economico ed efficiente “Dottor Google” piuttosto che rivolgersi al proprio medico di fiducia

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L’omeopatia è out, aumentano le visite specialistiche

Istat mette anche in luce un crollo in Italia del ricorso alle terapie non convenzionali, che nel 2000 erano usate dal 15,8% della popolazione mentre nel 2013 la cifra è dell’8,2%. In netto calo è anche l’uso dei rimedi omeopatici, che scende dal 7% al 4,1%. Dal punto di vista delle cure convenzionali, invece il rapporto segnala un aumento delle persone che ricorrono a visite specialistiche (contrariamente a quanto emerso da un’altra recente indagine), 11,9% nel 2005 e 14,8% nel 2013, che non riguarda però quelle odontoiatriche, crollate del 30%. «Il livello di soddisfazione per i servizi sanitari pubblici – si legge – è elevato in chi ne ha fruito, con un voto pari a circa 8 su una scala da 1 a 10».
E si parla anche di farmaci. Il 7% dei bambini fino a 14 anni ne consuma uno al giorno. Quasi un terzo della popolazione italiana, il 31,1%, usa regolarmente farmaci durante l’anno, con percentuali leggermente più elevate (32,5%) per le donne. «Il consumo quotidiano dei farmaci aumenta fortemente con l’età – osserva il rapporto – dal 6,9% in età infantile fino a 14 anni al massimo di 30,4% tra gli ultra ottantenni».
Buone notizie per la lotta contro il fumo, in quanto diminuiscono i forti fumatori, ma aumenta la percentuale di adolescenti e giovani donne che iniziano a fumare prima dei 14 anni, passando da 7,6% a 10,5%. È obeso l’11,2% degli adulti, quota in aumento sia rispetto al 2000 (erano il 9,5%), che al 2005 (10%). Nel 2013 solo il 20,6% della popolazione dai 5 anni in su pratica un’attività fisica ritenuta benefica per la salute secondo la definizione dell’Oms: il 25,9% tra gli uomini ed il 15,6% tra le donne.