Sembra che un trip da stupefacenti, funghi allucinogeni e Lsd in testa, possa condurre il cervello in uno stato onirico che aiuterebbe a combattere la depressione

E’ quanto emerso da uno studio condotto dai ricercatori dell’Imperial College London e della Goethe University, i cui risultati sono stati pubblicati su Human Brain Mapping.

Quindici volontari sono stati sottoposti alla mappatura dell’attività cerebrale, tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), dopo un’iniezione di psilocibina, una sostanza chimica psichedelica che si ritrova anche nei funghi allucinogeni. Gli studi hanno evidenziato delle somiglianze tra le attività cerebrali di chi è immerso nel sonno. In particolare sembra che alcune aree cerebrali siano meglio sincronizzate grazie all’uso della droga e lavorino in modo più coordinato. Una di queste è l’ippocampo, associato a memoria ed emozioni, e la corteccia cingolata anteriore, collegata invece agli stati di eccitazione.

Una recente ricerca aveva individuato nella ketamina un possibile rimedio alla depressionedisturbo che secondo alcuni ricercatori porterebbe ad invecchiamento precoce. E di sistemi per combatterla sembra ne vengano scoperti in continuazione: c’è chi dice che il vino, se bevuto in piccole dosi, sia di grande aiuto; oppure è stato recentemente inventato uno spray nasale che sembra dare ottimi risultati; oppure che chi sostiene che il sorriso sia sempre la miglior medicina, anche in questo caso.

Alleviare in sintomi della depressione

Enzo Tagliazucchi della Goethe University, in Germania, ha spiegato: “La sostanza fornisce una finestra attraverso cui studiare le porte della percezione”.

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[blockquote style=”4″]“Imparare i meccanismi che si verificano sotto l’effetto di droghe psichedeliche può aiutare a capire i loro possibili usi. Attualmente stiamo studiando gli effetti dell’Lsd sul pensiero creativo e stiamo considerando la possibilità che la psilocibina possa aiutare ad alleviare i sintomi della depressione permettendo ai pazienti di cambiare i loro schemi pessimistici del pensiero. Le sostanze psichedeliche erano usate con propositi terapeutici negli anni Cinquanta e Sessanta ma adesso stiamo iniziando a comprendere il modo in cui agiscono nel cervello e questo può dirci come farne buon uso”- ha commentato Robin Carhart-Harris from the Department of Medicine, Imperial College London.[/blockquote]