Troppe volte si ha l’impressione di ricevere visite mediche sbrigative e poco accurate e di non essere oggetto delle giuste attenzioni da parte dei medici: per discutere di questo argomento e proporre nuove soluzioni a riguardo è nata Slow Medicine, ovvero una “medicina lenta”, iniziativa descritta e presentata sul British Medical Journal

E non poteva essere più esplicativo il motto stesso dell’Associazione: “Fare di più non significa fare meglio”.

Visite affrettate e superficiali

Capita spesso infatti che i medici, oberati di lavoro, siano spinti ad affrettare i tempi delle visite, a scapito del dialogo tra medico e paziente, dando purtroppo l’impressione di non prestare a quest’ultimo le dovute attenzioni. Certo, se si pensa che in Gran Bretagna ci si fa visitare addirittura via Skype, forse tutto sommato in Italia non ci si dovrebbe lamentare più di tanto. Inoltre sembra che gli italiani nutrano particolare fiducia nell’assistenza sanitaria grazie alla tecnologia. Tuttavia ad aggravare il quadro del rapporto medico-paziente, si aggiunge il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva, ossia un approccio alla cura visto in funzione di evitare possibili denunce in tribunale. In pratica, il medico pensa già a come tutelarsi da un eventuale causa legale da parte del paziente. Questo comportamento è in aumento a causa dell’allarmante numero in crescita di medici che vengono portati in tribunale davanti ai giudici per questioni mediche.

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Una medicina partecipativa

Sandra Vernero, segretario generale di “Slow Medicine”, ha spiegato sulla rivista britannica: “Il progetto nasce con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei pazienti attraverso un partenariato con gli operatori sanitari, non razionalizzando solo l’assistenza per ridurre i costi”.

Si tratta di una “medicina partecipativa”, che viene descritta così: “I medici dedichino più tempo al colloquio con i pazienti perché solo con una medicina partecipativa si combatte quella difensiva che gli specialisti praticano sempre di più per prevenire denunce e affinché negli ospedali non si guardi solo al numero di visite ma anche alla qualità delle prestazioni”.