I dati relativi alle operazioni di chirurgia plastica eseguite nel 2013 parlano chiaro: il 16% sono state eseguite per rimediare ad un precedente intervento mal riuscito, si parla in totale di circa 38 mila operazioni di “riparazione” a scopo estetico

Dati che stupiscono fino a un certo punto, se si pensa a quante star del cinema e dello spettacolo, come Nicole Kidman o Reneé Zellweger per citarne alcune, si sono sottoposte ad interventi di chirurgia “extreme” che ne hanno letteralmente cambiato i connotati, diventando quasi irriconoscibili.
Questi sono i risultati emersi da un’indagine condotta dall’Associazione italiana di chirurgia plastica estetica (Aicpe), secondo la quale per tornare in sala operatoria, più di due pazienti su tre (il 68,9%) ha preferito cambiare medico e meno di un terzo (31,1%) si è rivolto allo stesso che aveva eseguito la prima operazione. L’Italia, sesta al mondo per numero di interventi, si riconferma così un Paese dove la corsa al bisturi o al ritocchino low cost è molto diffusa.

Spesso ci si affida a un altro chirurgo

«Il rapporto fra il chirurgo e un paziente che si rivolge a lui dopo essere stato operato da altri – spiega il presidente di Aicpe, Mario Pelle Ceravolo – rappresenta una situazione delicata e spinosa. Il secondo intervento deve essere gestito in maniera seria e professionale per evitare che si creino problemi per il primo chirurgo, il secondo operatore e, ancora di più, per il paziente».
Aicpe, comprendendo l’importanza di fornire informazioni realistiche ai pazienti riguardo agli interventi ed evitare la diffusione di convinzioni erronee a riguardo, ha stilato una sorta di vademecum. «La chirurgia plastica non è una disciplina perfetta: pur essendo una scienza medica oggettiva – dice il presidente Aicpe – agisce su individui diversi che reagiscono in maniera differente allo stesso trattamento. Anche se ci si rivolge a un bravo chirurgo, il risultato può non essere ottimale a causa di una reazione particolare dei tessuti del paziente o, più spesso, di situazioni contingenti imprevedibili».

Leggi anche:  Piante in estate: come rendere il tuo giardino un paradiso

Fondamentale la fiducia medico-paziente

Il primo suggerimento di Aicpe, valido per medici e pazienti, è dare il giusto peso al consenso informato: «Un consenso che spieghi esaustivamente i rischi di ogni intervento è una testimonianza di serietà da parte del chirurgo» sottolinea Pelle Ceravolo.
E se viene chiesto un risarcimento? In questi casi si consiglia di evitare di andare in giudizio, percorso spesso ostico e dannoso per entrambe le parti.
In caso i pazienti non siano soddisfatti del primo intervento, la prima scelta dovrebbe essere quella di sottoporsi a un’altra operazione da parte dello stesso chirurgo: «Di solito è lo stesso chirurgo plastico a proporre un secondo intervento correttivo, generalmente a condizioni economicamente più vantaggiose di quanto farebbe un nuovo chirurgo» osserva il presidente Aicpe. Nel caso invece si preferisca optare per un altro medico, Aicpe suggerisce di «scegliere un professionista di maggiore esperienza, accertandosi sulla sua capacità nel gestire casi già operati, con il quale creare un nuovo rapporto di massima sincerità e fiducia».
In tutti i casi è sbagliato riporre un’aspettativa totale sull’intervento di riparazione, poiché come già detto non si tratta di una scienza esatta e non ci sono garanzie di riuscita: «Un secondo intervento – avverte il presidente Aicpe – è sempre più difficile del primo. È come un sarto che deve confezionare di nuovo un vestito tagliato male in precedenza. Se errore c’è stato dev’essere riconosciuto e il paziente risarcito delle spese affrontate e dei danni subiti. Tra tutte le parti deve però instaurarsi un rapporto onesto – conclude Pelle Ceravolo – che gioverà ai due chirurghi operatori e ancora di più al paziente che potrà essere assistito dal nuovo professionista nella maniera migliore».