Depressione post-parto, curare le mamme con un social network

Depressione post-partum, a rivelarla è un marcatore nel Dna

Nasce il primo social network pensato per salvare le mamme dalla depressione post-parto e proteggere i figli dalle possibili ripercussioni

Si chiama Rebecca Blues, il progetto pensato da Strade Onlus e Rebecca Fondazione, che verrà presentato nell’ambito di un convegno scientifico internazionale in Campidoglio a Roma.
Il target di riferimento è composto da circa 80.000 donne, circa una mamma su sette, che ogni hanno si ammalano di depressione pre e post partum.
Purtroppo nonostante i dati parlino chiaro, solo una donna su quattro riceve una cura adeguata, mentre le altre 60.000 mamme si ritrovano a dover affrontare il “male di vivere” da sole.

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Una rete di supporto alla maternità

Del resto, ad illustrare le drammatiche conseguenze sociali di questo fenomeno, ci pensa la letteratura scientifica, che parla di un abbassamento del quoziente intellettivo di 5 punti nei figli delle madri depresse, una tendenza ad ammalarsi 7 volte maggiore e una percentuale di comportamenti violenti sviluppati in età adolescenziale e adulta molto più elevata. Nei casi più gravi, si arriva purtroppo fino all’infanticidio e al suicidio, come spesso dimostrano tragici fatti di cronaca nera del nostro Paese.

«La sfida che vogliamo lanciare alla presenza del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – spiega Antonio Picano, dirigente psichiatra all’Ospedale San Camillo di Roma e presidente di Strade Onlus – è la creazione di una rete di supporto alla maternità con un approccio di massa al problema, economicamente sostenibile e pensato per integrarsi senza sovrapporsi al Servizio sanitario nazionale».

Rafforzare il rapporto medico-paziente

Questo progetto prevede quindi l’uso di uno strumento mobile, chiamato Rebecca Blues, che si potrà scaricare gratis su smartphone e tablet, il cui scopo primario è il rafforzamento del legame medico-paziente. Grazie a questo strumento, le donne in gravidanza e tutte le mamme che lo desiderano potranno iniziare un percorso di formazione, monitoraggio, autodiagnosi e supporto in stretto contatto con il proprio medico, che verrà appositamente formato in questo senso. Si partirà dall’Ospedale San Camillo di Roma, anche se l’idea è di estendere il progetto su scala nazionale.

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Questo strumento nasce in un momento in cui stanno fiorendo numerose applicazioni sanitarie per gli scopi più disparati, come quella per misurare la pressione, che sono però state tacciate di mancanza di trasparenza sulla privacy.