Quando si diventa adulti? Fino a 30 anni il cervello continua a crescere

Da sempre ci si interroga se ci sia o meno coscienza nei pazienti in stato vegetativo: grazie  ad uno studio condotto dai ricercatori dell’università di Cambridge finalmente ci sono le prove che nel cervello in stato vegetativo esistono delle “firme” nascoste che potrebbero rivelarne la coscienza

Queste tracce, una sorta di segnali nascosti, consentirebbero ai pazienti in coma di percepire l’ambiente circostante. La scoperta di “firme” nel cervello pone così le basi per identificare la presenza di coscienza anche parziale in pazienti che apparentemente non rispondono agli stimoli esterni. Risultati che sembrerebbero confermare anche lo studio che ha dimostrato che il cervello di un paziente in coma da 16 anni reagiva guardando un film,  mostrando pensiero cosciente in aree del cervello dedicate al ragionamento, rivelando la capacità di vedere, comprensione e persino divertimento.

Non tutti i circuiti cerebrali sono danneggiati

I ricercatori hanno infatti dimostrato che alcune persone, anche se incapaci di muoversi e rispondere, sono tuttavia capaci di svolgere compiti elaborati come immaginare di giocare una partita a tennis: la conferma arriva grazie alla risonanza magnetica funzionale (fMRI), scanner dell’attività cerebrale nella corteccia pre-motoria, deputata al movimento, in pazienti apparentemente incoscienti.

I risultati dello studio inglese, in collaborazione con la MRC Cognition and Brain Sciences Unit, pubblicati su Plos, hanno indagato le reti cerebrali di 32 pazienti diagnosticati in stato vegetativo o in condizioni di coscienza minima. Ne è emerso che i circuiti cerebrali alla base della coscienza risultano spesso compromessi nei pazienti in stato vegetativo, ma in alcuni casi non subiscono gli stessi danni, in quanto le reti neuronali sono simili a quelle di adulti coscienti. Il dottor Srivas Chennu del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell’Università di Cambridge commenta così la scoperta:

“Capire come la coscienza nasce dalle interazioni tra le reti di regioni del cervello è una questione scientifica sfuggente ma affascinante, ma per i pazienti diagnosticati in stato vegetativo e di minima coscienza, e le loro famiglie, questo è molto più di una questione accademica, assume un significato reale e la nostra ricerca potrebbe migliorare la valutazione clinica e aiutare a identificare i pazienti che potrebbero essere coscienti pur non potendo comunicare”.

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