Per le persone che già soffrono di un deterioramento cognitivo lieve, un disturbo delle funzioni cognitive non grave e di solito limitato alla memoria, l’ansia e lo stress potrebbero rappresentare fattori di rischio decisivi per l’insorgere dell’Alzheimer

Questo lieve disturbo, che non inficia l’autonomia individuale, rappresenta una nuova categoria diagnostica che si colloca tra un normale invecchiamento delle facoltà cognitive e uno stato di demenza preclinica. Una condizione la cui identificazione è utile anche per intercettare preventivamente i segnali dell’Alzheimer, di cui è stata individuato il meccanismo di formazione.

Precedenti ricerche hanno dimostrato che sono più predisposte a contrarre questa malattia, che pare sia favorita anche dall’assunzione di eccessiva carne, soprattutto le donne gelose, nevrotiche e soggette a lunghi periodi di stress.

I segnali predittivi

Lo studio è opera di un team di ricercatori del Rotman Research Institute di Toronto in Canada e pubblicato sull’American Journal of Geriatric Psychiatry. L’indagine è stata condotta su 376 pazienti con MCI di età compresa tra 55 e 91 anni, monitorati ogni sei mesi, per un periodo di tre anni. L’oggetto di analisi: i livelli di ansia e di depressione e il decadimento delle funzioni cerebrali.

I risultati evidenziano che l’ansia, indipendentemente se accompagnata o meno da depressione, favorisce in maniera significativa la conversione del MCI in Alzheimer, aumentando il rischio del 33% in caso di sintomi lievi, mentre si ha un picco del 78% e 133% in caso di ansia moderata e grave. Anche tra ansia e atrofia della porzione mediale del lobo temporale è stata dimostrata esserci una correlazione: quest’alterazione è stata valutata come un valido segnale predittore di Alzheimer.

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Prevenire con programmi di gestione dello stress

«Anche se non ci sono prove che dimostrino se i trattamenti farmacologici per l’ansia siano utili nelle persone con decadimento cognitivo lieve nel ridurre il rischio di conversione nella malattia di Alzheimer, pensiamo che andrebbero raccomandati programmi di gestione dello stress», hanno dichiarato i ricercatori. Da una prevenzione di questo tipo si trarrebbero indubbiamente anche vantaggi economici, dimezzando il numero di malati nei prossimi 30 anni se si fosse in grado di ritardare la manifestazione dell’Alzheimer nei prossimi 5 anni.
Attualmente la lotta contro questa malattia si è fatta più serrata. Negli anni sono stati sviluppati nuovi strumenti in grado di diagnosticarla per tempo nel 90% dei casi o di lenirne gli effetti sulla memoria.