Stefano Sordi di Aruba: «Siamo sulla nuvola»

Dopo la decisione della ICANN, scopriamo cosa cambia per l’azienda toscana che si è aggiudicata la gestione dell’estensione .cloud

Basta citare i nomi dei concorrenti per capire quanto sia stata grande la vittoria di Aruba. La più importante infrastruttura europea per la registrazione e gestione dei domini e hosting ha ottenuto il titolo di “Registro Ufficiale” dei domini .cloud battendo giganti del calibro di Amazon, Google (con la controllata Charleston Road Registry) e Symantec. Si tratta di un traguardo importantissimo per l’azienda con sede ad Arezzo che nella sua ventennale storia (è nata nel 1994) è arrivata a gestire oltre 2 milioni di domini web, 6 milioni di caselle email, 3,8 milioni di caselle PEC e 20.000 server, per un totale di oltre 2 milioni di clienti.

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Grazie all’enorme successo ottenuto dal cloud negli ultimi anni, diventare gestori unici di un’estensione del genere vuol dire assicurarsi un bell’avvenire, non solo a livello economico. Chiunque vorrà aprire un sito con un indirizzo che termina con .cloud dovrà rifarsi ad Aruba (anche se non direttamente), un nome che nel tempo è diventato sinonimo di qualità e sicurezza nel panorama dei servizi di hosting. Alla notizia dell’assegnazione della gestione di .cloud, Stefano Cecconi, CEO di Aruba, aveva detto: «Il dominio .cloud rappresenterà un’ulteriore spinta all’espansione che questa tecnologia sta conoscendo da diversi anni. Già oggi è riconosciuta come il maggior trend tecnologico con valori, in termini di servizi basati sul cloud, pari a centinaia di miliardi di euro».

Per l’occasione, abbiamo fatto un paio di domande a Stefano Sordi, marketing director di Aruba. Prima di tutto abbiamo chiesto a Sordi in che modo l’assegnazione del dominio, da parte della ICANN, cambierà la strategia dell’azienda.

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«Per quanto riguarda l‘estensione, creeremo certamente una comunicazione e un business ad hoc, visto che diventiamo authority ufficiale per il .cloud. Chiunque nel mondo voglia un sito con tale parola dovrà passare da noi, anche se non direttamente ma rivolgendosi ai register di riferimento. In questo senso, Aruba diventa register di tutti i gestori nel mondo che vogliano accaparrarsi un dominio .cloud, in tutto un migliaio di società».

Dopo essersi aggiudicata il dominio, Aruba spiega di aver compiuto l’operazione anche per porsi come azienda italiana di eccellenza, a livello mondiale, per l’offerta di servizi hosting. «E’ chiaro che se finora potevamo vantare una notorietà nazionale ed europea, adesso abbiamo un palcoscenico più grande di riferimento – spiega Sordi – a distanza di pochi giorni dall’assegnazione del dominio, già diversi clienti da ogni parte del mondo ci hanno contattato, per capire quando potranno avere il loro sito personalizzato».

C’è da dire infatti che se a livello burocratico mancano giusto un paio di firme per il passaggio finale ad Aruba, la disponibilità del suffisso avverrà tra qualche mese, quando saranno assicurate tutte le migliori condizioni infrastrutturali per garantire il servizio. «Ci aspettiamo di poterlo rendere disponibile entro la prossima estate – dice il marketing director – un tempo che ci assicura la creazione di una rete idonea alle richieste che arriveranno da ogni parte del pianeta».

Ma a chi potrebbe interessare un dominio del genere? «Quando qualcuno ci ha detto che il dominio .cloud potrà far gola solo chi lavora in ambito professionale, come le aziende che offrono servizi sulla nuvola, abbiamo risposto che arriverà un giorno in cui la nuvola sarà Internet, così come lo intendiamo adesso. I principali contenuti saranno ospitati tutti in rete e le persone utilizzeranno sempre di più il cloud per le loro operazioni quotidiane. Avere un dominio del genere sarà come avere un .internet, ovvero una parola riconosciuta da chiunque abbia uno smartphone, un tablet o un computer» .

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Non a caso la ICANN, quando ha “liberato” i domini ha parlato della più grande rivoluzione di Internet o della “democratizzazione totale della rete”, in riferimento alla possibilità, per tutti, di costruire il web che si vuole, adattandolo alle proprie esigenze sia professionali che personali. Questo vuol dire che non vedremo più siti che finiscono con .com o .it? Difficile, ma il trend è quello di colorare la rete e di renderla unica. Può sembrare un paradosso per un luogo che è virtualmente aperto a tutti e che deve andare bene a tutti. Di sicuro Aruba valuterà ogni singola richiesta prima di affidare il dominio, tenendo presente che senza creatività non avremmo il web odierno ma solo uno schermo verde con i caratteri a cascata di Matrix.