Management, attenzione alla data di scadenza

Secondo Logotel, l’attuale scenario del mercato ha rimesso in discussione la figura del Manager, il quale, se vuole (ri)dare una forma “responsive” al proprio business nel 2015, dovrà affrontare quattro sfide prioritarie

Gli atteggiamenti, i comportamenti, i ruoli, le metodologie e gli strumenti del management, oggi non sono né ripetibili, né riciclabili perché lo scenario liquido, ibrido e imprevedibile del mercato ha “sgonfiato” di significato molti aspetti di questo ruolo. In un contesto simile, come può un Manager riprogettare futuro, visioni, modelli, processi e strumenti responsive per (ri)dare forma al proprio business? Come deve porsi di fronte alle sfide che deve affrontare nel 2015?

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“Il manager deve avere, oggi, più di prima, una visione completa e sistemica di che cosa ha visto, fatto e realizzato fino a ieri – spiega Cristina Favini, Strategist & Manager of Design Logotel – solo in questo modo potrà capire con lucidità cosa buttare via, timbrando con “scaduto/non più valido”, il suo bagaglio di storie, strumenti e strategie”. Questo significa che oggi – e lo sarà ancora di più nel 2015 – un Manager è chiamato a ‘reinventarsi’, fino al punto di sentirsi uno sperimentatore della propria stessa esistenza di professionista. Tra gli skill di cui deve essere in possesso c’è l’elasticità mentale, indispensabile per gestire le fasi di rottura, e una forte flessibilità per adattare le proprie strategie in situazioni in rapida evoluzione. Dal canto loro, le aziende stanno realizzando che selezionare, ingaggiare, promuovere e trattenere dirigenti con queste rare qualità non è semplicemente un lusso, ma sta diventando sempre di più una “questione di sopravvivenza”. Alla luce di queste considerazioni, secondo la service design company Logotel sono quattro le sfide prioritarie cui oggi e nel 2015 un Manager sarà chiamato a rispondere:

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1) Abbandonare gli alibi e prendersi un appuntamento con il tempo (timescapes), il che vuol dire non lavorare solo per scadenze, ma disegnare progetti che mettono insieme persone, competenze e dimensioni differenti. Lavorare per progetti significa definire contesti e perimetri di senso nuovi che accompagnano la trasformazione delle imprese;

2) Produrre contesti, persone e organizzazioni flessibili la fine di creare “ponti” con i progetti messi in agenda (cross). Se nell’era delle ‘organizzazioni a piramide’ i ruoli erano definiti e cristallizzati, oggi i confini sono più liquidi e il premio va a chi sa attraversarli. Questo vale oggi come nell’immediato futuro. L’innovazione e, infatti,̀ di chi riesce a incrociare persone, discipline, punti di vista, strumenti e canali differenti e aprirsi all’incontro dentro e fuori la propria azienda. Servono a tal scopo disciplina, volontà e determinazione;

3) Tornare a sviluppare contenuti. Un Manager deve essere sempre più artigiano, entrepreneur, maker, designer, tutte figure che hanno in comune la capacità di progettare non solo il Why e il What ma anche l’How, ovvero le modalità con cui accompagnare fino in fondo un progetto. Un’organizzazione deve essere capace di far sopravvivere un contenuto alla parcellizzazione del lavoro, sennò il rischio è che si perda progressivamente il senso di quello che si fa e si porta avanti, e si giunga a risultati che spesso non vengono percepiti dal cliente finale e che, quindi, non creano “valore”;

4) Abilitare spazi e ambienti per sincronizzare il “me” con il “we” (self). Le vere trasformazioni accadono quando le persone cambiano, crescono insieme, condividono i loro tempi migliori con noi e con i loro colleghi coinvolti in un medesimo progetto. I Manager sono quindi chiamati a creare degli spazi di confronto, sia fisici che digitali, che diventino dei veri propri canali a doppia via con e tra le proprie persone. C’è chi struttura dei Lab, chi si attrezza con community, tutte occasioni per creare dei vasi comunicanti continui tra me e we.

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“Creare dei contenitori con regole diverse, ambienti e spazi abilitanti, che creano scambio, favoriscono la condivisione, la comprensione e il senso di partecipazione – precisa Cristina Favini – serve a sincronizzare il Me con We. Ad esempio, la trama di relazioni che emerge attorno al tempo che le persone dedicano a una community è qualitativamente diversa da quella che risulta dall’incrocio delle agende, molto più impegnativa in quanto non si tratta di presenziare con un ritaglio di me stesso, ma con tutto me stesso, e anche molto più potente. In conclusione, il ruolo del Manager va ripensato in modo radicale, le modalità con le quali siamo stati abituati a studiarlo e a concepirlo sino ad oggi è ormai in scadenza”.