La Corte di Giustizia dice ufficialmente no alle discriminazioni sul lavoro per le persone in sovrappeso e ieri ha stabilito che l’obesità può costituire un handicap

Finora nessun principio generale del diritto dell’Unione europea prevedeva un obbligo vero e proprio di non discriminazione delle persone obese. Ora invece è stato specificato che nei casi in cui l’obesità, che secondo una recente ricerca sarebbe determinata dallo stesso gene che codifica la saliva e che potrebbe influire in modo negativo sulle capacità cognitive,  impedisca ad una persona di svolgere le normali attività quotidiane, essa può essere considerata un handicap. Va da sé che equiparando questa condizione a un handicap, dal punto di vista lavorativo chi ne soffre non può essere discriminato proprio come le persone di altra religione, età o tendenze sessuali.

Il caso del baby sitter danese

La Corte di Giustizia ha tratto spunto da un caso sollevato dal tribunale della Danimarca, inerente il licenziamento di un babysitter che aveva lavorato per 15 anni al comune di Billund: nonostante la decisione fosse motivata da un calo del numero di bambini di cui occuparsi, il comune non ha specificato le ragioni per cui era stato scelto proprio quel lavoratore, che da quando aveva preso l’incarico era sempre stato considerato obeso (secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). Un’organizzazione sindacale ha ritenuto il licenziamento legato al sovrappeso e la Corte europea ha usato questo caso per definire la nuova direttiva che si propone di attuare la parità di trattamento.

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La definizione della Corte di Giustizia Europea

In conclusione, “qualora, in determinate circostanze, lo stato di obesità di un lavoratore comporti una limitazione, risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori e qualora tale limitazione sia di lunga durata, una siffatta condizione rientra nella nozione di handicap ai sensi della direttiva”.