Il 17 febbraio 2015, a partire dalle 22.00, una maratona di 8 ore tra musica live, video storici e Dj Set per festeggiare mezzo secolo di Storia del tempio italiano del BEAT

È il secondo locale più antico d’Europa, ha condizionato mode e generazioni di giovani, ha fatto conoscere talenti e lanciato personaggi simbolo della musica italiana, cambiando il modo di vivere la notte. A distanza di 50 anni esatti dalla sua apertura, lo storico Piper Club di Roma festeggia il 17 febbraio 2015 il suo mezzo secolo di storia, con ospiti, amici e immagini uniche.

Era il 17 febbraio del 1965 quando Giancarlo Bornigia e Alberigo Crocetta decisero di dare vita a quello che sarebbe stato il tempio del beat e delle generazioni successive. Oggi, per il cinquantenario della nascita del locale – il più longevo d’Europa insieme al Cavern di Liverpool – i figli del suo fondatore hanno deciso di regalare a Roma una serata evento gratuita, in cui ripercorrere attraverso immagini inedite, musica live e dj set, la Storia del Piper Club.

Una storia indissolubilmente legata a quella italiana, al costume e alla musica del bel paese, che verrà raccontata con immagini inedite a partire dalle 22.00 e poi, dalle 22.30 con lo spettacolo live “C’era una volta il Piper”. Un viaggio all’insegna della musica, in cui un’orchestra di 9 elementi accompagnerà sul palco giovani cantanti in un cronologico e appassionante susseguirsi di successi, alternati ai fatti di cronaca che hanno caratterizzato lo scorrere di questi 50 anni (oltre alla musica). Tutto con ospiti e volti noti, protagonisti di un compleanno speciale.

In occasione di “C’era una volta il Piper…”, la musica di Rocky Roberts, Mia Martini, Loredana Bertè, Renato Zero, Nada, Caterina Caselli, Patti Pravo, le tendenze che li hanno lanciati e di cui si sono fatti portavoce, rivivranno così in uno spettacolo di suoni, costumi d’epoca, parole e immagini, sotto la guida di un direttore d’orchestra d’eccezione, Alberto Laurenti, con Angelo Anastasio e Memè Zumbo alle chitarre, Enrico Lotterini alle tastiere e violino, Simone Ceracchi al basso, Chicco Careddu alla batteria, Paulo La Rosa alle percussioni, Renato Vecchio al Sax e Antonino Vitali alla tromba.
A partire dalle 00.30 poi, spazio al Dj set Twist and Shout, per ballare sulle note dei grandi must degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta.

IL PIPER SULL’ENCICLOPEDIA TRECCANI

“Piper: Discoteca simbolo della musica beat e yè yè in Italia, sorta a Roma il 17 febbraio 1965 per iniziativa di G. Bornigia e di A. Crocetta, dichiarata nel dicembre 2007 Bottega Storica. Fenomeno di costume, oggetto di vari studi sociologici, il P. ispirava la sua linea artistica a quanto avveniva nel mondo anglosassone, diventando riferimento di successo, presso le nuove generazioni, della svolta musicale italiana con Patty Pravo (soprannominata ‘la ragazza del P.’), Caterina Caselli, i Rokes, l’Equipe ’84, i Dik Dik, le Pecore nere, ma anche Mal e i Primitives, Fred Bongusto, Rita Pavone, ecc. Contribuì alla sprovincializzazione della musica in Italia attraendo i più famosi complessi beat sulla scena internazionale come i Procol Harum, i Birds e i Pink Floyd, oltre a proporre i complessi italiani come i New Trolls, Le Orme e i Pooh. Negli anni Settanta la linea del P. si aprì ai generi emergenti in Italia ospitando Lucio Battisti, la Formula Tre, i Ricchi e Poveri, Loredana Bertè, Mia Martini, Renato Zero, ecc., non rinunciando però alla presenza di interpreti della musica internazionale dai Genesis agli Sly and family Stone, da David Bowie a Lionel Hampton a Duke Ellington” (Enciclopedia Treccani).

PIPER CLUB: PATRIMONIO DI ROMA

“Il Piper nacque per la musica, un luogo aperto a tutti e aperto alle sperimentazioni e contaminazioni di quei tempi” hanno dichiarato i figli del fondatore Giancarlo Bornigia, che in questo locale sono cresciuti e che tutt’oggi lo gestiscono. “I giovani di allora avevano sempre di più bisogno di trovare luoghi di aggregazione e di confronto socio culturale. Erano gli anni dei Beatles, dei Pink Floyd, di Jimi Hendrix e dei Genesis. Nostro padre Giancarlo e Alberigo Crocetta sono stati i primi a capire che la musica dei suoi tempi e i modi di fruizione della stessa stavano cambiando. Oggi il locale crede ancora nei principi ispiratori del 1965. Gli eventi di oggi assicurano che lo stesso principio rimanga, sia patrimonio culturale per la città di Roma e sia strumento fruibile dalle persone di ogni età con una programmazione varia tra live, eventi e clubbing. Nella speranza che il locale possa sempre essere quella casa aperta a tutti, come sempre lo è stato e come l’ha concepita lui”.

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LA STORIA DEL PIPER CLUB

Alberigo Crocetta (l’avvocato) fece società con Giancarlo Bornigia e, scovato un locale nuovissimo che, costruito per essere utilizzato come cinema non aveva avuto permessi di agibilità, lo riempirono di macchine strane, lo munirono di una “buca dell’eco”, lo fecero decorare da artisti d’avanguardia e lo chiamarono “Piper”, zampognaro.
L’ambiente originale era decorato con opere d’arte, tra cui due dipinti di Andy Warhol, alcuni di Schifano e opere di Piero Manzoni e di Mario Cintoli. All’esordio suonarono nel locale i migliori artisti della beat generation italiana tra i quali i The Rokes, i Rokketti, l’Equipe 84 e Le Pecore Nere presto affiancati da Fred Bongusto, Dik Dik, Renato Zero, Romina Power, Gabriella Ferri e Rita Pavone. Su tutti, però, vanno ricordate Patty Pravo – la ragazza del Piper – e Caterina Caselli.
Solo le opere d’arte che decoravano il fondale, se non fossero state vandalicamente distrutte in un secondo tempo, servirebbero oggi ad attrezzare un museo d’arte contemporanea. C’erano due Andy Warhol, dei Rotella, degli Schifano, dei Rauchemberg, dei Manzoni.
Aprirono il 17 febbraio 1965 con un complesso “rimediato” da Teddy Reno, che allora era impresario in Inghilterra, e tutta Roma vide, stupefatta, i posters giganti di quattro giovanotti con capelli lunghissimi che invitavano a recarsi al Piper Club, via Tagliamento 9, e che si chiamavano The Rokes.
Nel timore che la musica “beat” dei Rokes fosse un po’ troppo indigesta si ingaggiò un complessino che faceva “night” al Club 84 e lo si incaricò di suonare cose nostrane fra un round e l’altro dei “mostri” inglesi.
La formazione che doveva fare il “liscio” era l’ Equipe 84 ma fin dalla prima sera fu costretta letteralmente, dal pubblico assatanato, a fare lo stesso tipo di musica che facevano i Rokes.
La discoteca non c’era ancora.
Fu un successo senza precedenti ma il locale non fu subito un locale per soli giovani perché la “Roma bene”, scopertolo, lo aveva adottato ed ogni sera scendeva quelle interminabili scale per il gusto di inorridire al suono troppo forte, di stupirsi ai contorcimenti dei primi “giovani beat” e di tentare qualche passo sincopato sotto la guida dei “maestri di ballo” previdentemente ingaggiati da Crocetta. Ma, a parte la gente “bene” che nella sua sempiterna stronzaggine si lascia sfuggire ogni occasione di capire le cose prima che ne parlino i rotocalchi, gli artisti, la gente di cultura captò il messaggio di novità, di rottura che scaturiva da quella buca dell’eco da quei pochi ragazzi e ragazze che avevano un’aria di persone “libere” assolutamente inedita.

Gassman, Zeffirelli, Anna Magnani, Alberto Bevilacqua, Nureyev, Gianrico Tedeschi, Monica Vitti, Albertazzi, Lilla Brignone, Ugo Sciascia, Sandro De Feo, Lina Wertmüller, Renzo Trionfera, Nanni Loy, Renzo Vespignani; questi pochi nomi vi bastino a farvi un’ idea dell’ondata di interesse che il Piper aveva scatenato. Si cominciò anche a saper ballare quella nuova e strana musica e fra le più scatenate c’erano Romina Power, Gabriella Ferri ed Anita Pallenberg che poi ci avrebbe lasciato per mettersi con un Rolling Stones.
L’Equipe 84 ed i Rokes, riconfermati cento volte, non ce la facevano più a reggere il ritmo di un successo che andava crescendo di giorno in giorno e fu cosi che altri complessi vennero dall’Inghilterra e dall’improvvisazione italiana a dar loro una mano ed a rimpiazzarli di tanto in tanto.
Mike Liddell, Patrick Samson, I Delfini, Honeycombs, New Dada, Lord Brummel, Bad Boys, The Echoes, Caterina Caselli, Dino, Fred Bongusto e molti altri fra i quali anche Rita Pavone che a quel tempo aveva ancora la voce da ragazzino.
La “vague” mondana cominciò a decrescere ma in compenso cominciarono a crescere le presenze dei giovanissimi, tutti belli e tutti scatenati.
Fra le ballerine più brave, chi lo direbbe, c’era una biondina un po’ cicciottella e sempre affamata di insalata russa (il piatto più a buon mercato e quindi il più popolare della vicina tavola calda) quella ragazza si chiamava Nicoletta Strambelli e siccome aveva già canticchiato un po’ col nome di Guy Magenta, Alberigo Crocetta la convinse a formare un complesso femminile con Penny Brown e altre due ragazze romane. Suonavano da cani ma avevano una certa grinta e ci facevano ballare tutti, Tognazzi compreso, con lo stesso impegno che mettevamo quando c’erano i “grossi”.

Intanto anche i giovani organizzavano e Tito Schipa Jr. mise in scena, con la collaborazione tecnica di Fabrizio Bogianckino, la famosa “Opera Beat” Then an Alley su testi e musiche di Bob Dylan; protagonisti Simon & Penny (Brown). Fu uno shock per molti ma un’indicazione di rotta per tutti. Dall’Inghilterra era arrivato un ingegnere fresco di laurea che cantava con una voce profondissima e, se elegantissimo, era accompagnato da un complesso straordinario e vestito di vecchi frac sbrindellati. Si chiamava Thane Russel ed era il più stupendo animale da spettacolo che si fosse mai visto sui palchi e sulle pedane del Piper… Intanto la Strambelli aveva inciso il suo primo disco Ragazzo Triste, il testo glielo aveva tradotto Gianni Boncompagni il quale, avendo allora anche velleità canore, utilizzò la base di Nicoletta per incidere anche lui la stessa canzone con il nome d’arte di Paolo Paolo; naturalmente scoppiò un casino e Gianni, per fortuna di tutti, rinunciò al canto. Quanto ai nomi d’arte avrete già capito che la Strambelli si era già scelto quello di Patty Pravo (veramente glielo aveva trovato Crocetta) e Giampiero Scalamogna quello di Gepy e Gepy. Giampiero, che si chiamò “Gepy & Gepy” per sottolineare la sua robusta mole che, in effetti, valeva per due, cantava con un complesso da sogno e con due splendide ragazze, bionda Melody e d’ebano Barbara, che pian piano passarono dai controcanti agli assolo; lui ricordava Ray Charles.

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Il Piper, che aveva già portato fortuna ai Rokes, all’Equipe e a Patty, ne portò anche a Caterina Caselli, che dopo tanta gavetta aveva sfondato al Festival di Sanremo comportandosi con una dignità mai più eguagliata né da altri né da lei; era la ragazza “tutto Piper”, e come tale si presentò e ce la fece. Un altro gruppo di ragazzi era intanto arrivato dall’Inghilterra, e fin dalle prime note conquistò quel pubblico freddo, ostile e preparato che non lasciava passare niente che non fosse più che alla page si chiamavano The Primitives e fece subito effetto il bassista dai capelli platinati e dalla faccia di befana, che suonava il basso con sole tre corde, ed il cantante magro come un filo, con una faccetta spaurita e una voce tanto potente per cui faceva spesso a meno del microfono. Si chiamava Mal.

Esplodeva il Detroit Sound e cominciavano ad arrivare tante di quelle orchestre di neri che il Piper sembrava improvvisamente trasferito ad Harlem; venivano a ballare Sandy Shaw e Petula Clark e Albertino Marozzi, faccia come natica, pur non avendole mai viste in vita sua correva ad abbracciarle con grandi grida di giubilo. Franco Estill, pescando fra gli ormai tanti virtuosi della sala, stava formando un balletto di giovanissimi, fra i quali ricorderemo Loredana Bertè e l’allora magrissimo e già bravissimo Renato Zero.
Fu introdotta la prima discoteca, che aveva il compito di riempire ogni fessura fra un’orchestra e l’altra; ad azionarla c’era una stupenda ragazza del Galles, Janice. Al controllo delle porte c’era il futuro “Cosimo de’ Medici” ossia Marcello di Falco; a presentare c’era sul palco l’Eddie Ponti il quale, con la supervisione di Piero Vivarelli, cominciò a registrare ed a mettere in onda da Radio Montecarlo una trasmissione che presentava le novità discografiche in anteprima assoluta per tutta l’Europa e che veniva realizzata direttamente in sala fra i ragazzi. Il Top Ten al quale dettero un contributo iniziale anche Tito Schipa Jr. ed Enrico Montesano, che allora faceva quasi solo imitazioni, ebbe fra i suoi primissimi “ospiti”, a cui si faceva un’intervistina a metà trasmissione, la signorina Patrizia Vistarini la quale, eletta poco prima Miss Teenager italiana al Piper col nome di Patrizia Perini, aveva cambiato nuovamente nome per seguire, come già suo padre, la carriera cinematografica; da allora Patrizia la conoscono tutti come Mita Medici e, tanto per la cronaca, è sempre rimasta la ragazza semplice, sincera e “giusta” di allora.

Era venuta un’altra orchestra ad esibirsi al Piper e come era consuetudine, fu ascoltata con una forte diffidenza iniziale, ma ben presto venne adottata incondizionatamente da tutti i piperini; erano The Senate il gruppo con Mark David, Alex, Tony Mims e tanti altri (una decina) con i fiati in organico ed un affiatamento straordinario, frutto delle fatiche di Tony Mims. Quando i Senate si sciolsero, si vide gente piangere; nacquero dalle loro ceneri altri favolosi complessi, e basterà ricordarne uno, i Sopwith Camel, quei Camel così bravi e così giusti che finirono prematuramente i loro giorni sul patibolo dei discografici. Un altro complesso (questo tutto francese) I Pirañas, spopolava con l’autorità indiscussa di un professionismo a tutta prova e con un repertorio preso in gran parte da Otis Redding; a questo proposito è da ricordare a serata in cui, giunta la notizia della morte di Otis e di tutti i componenti della sua orchestra per la caduta dell’aereo, i Pirañas, piangendo come vitelli, suonarono in suo onore un concerto che fece venire a tutti la pelle d’oca. In questa occasione dette il suo contributo anche Wess. L’allora giovanissimo bassista degli Airedales, che da pochissimo aveva sostituito al canto l’ormai troppo “importante” Rocky Roberts.
Il Piper emerse subito come punto focale della bella vita romana, raccogliendo frequentazioni dal mondo dello spettacolo e dell’arte, oltre che da personaggi della scena mondana. La linea artistica si ispirava al mondo del beat inglese, da cui copiò anche l’idea dell’opera beat, ovvero ad un uso innovativo di luci stroboscopiche colorate accoppiate ai suoni e allo stile dettato dalla moda della minigonna.
Dopo il successo del cast iniziale, entrarono nel gruppo anche Mal, Mimi Bertè (successivamente Mia Martini), Loredana Bertè, Renato Zero e Mita Medici. Vi si esibivano i più conosciuti complessi di musica Beat e cantanti di musica leggera nazionali ed internazionali in voga in quegli anni, esibendo nomi del calibro dei Procol Harum,i Birds, Rocky Roberts e dei giovanissimi Pink Floyd ( il 18 e il 19 aprile 1968). Sulla pedana del Piper, il 23 maggio 1968, suonò anche un chitarrista entrato poi nella mitologia del Rock, Jimi Hendrix. La musica italiana era invece rappresentata da New Trolls, Le Orme, Mino Reitano e Pooh.

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Negli anni Settanta fu poi la volta di Formula 3, Mia Martini, Ricchi e Poveri, gruppi come Genesis, Sly and the Family Stone e grandi nomi del jazz quali Lionel Hampton e Duke Ellington.
Ma la Storia del Piper Club non si esaurì negli anni sessanta. Famoso l’episodio alla fine degli anni 80 in cui il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, durante il concerto al Piper per la promozione del’album Bleach, stanco delle cattive condizioni del viaggio e dal cattivo cibo, in pieno concerto uscì letteralmente fuori di matto. Cominciò a spaccare la chitarra, e salì su una trave e minacciava di buttarsi di sotto. Ci volle l’intervento di Jonathan Poeman e Bruce Pavitt della Sub Pop per far calmare la situazione.
Gli anni ’80 sono stati indimenticabili anche per l’ascesa dello storico direttore del locale: Mr. Franz. Con le sue 1000 idee trasformava ogni serata in un evento speciale ed unico. Ha rivoluzionato la vita del locale e lo ha spinto verso quello che oggi chiamiamo discoteca. Le frequentazioni di quei tempi erano quelle più importanti. La cosiddetta “Roma Bene” ricorda ancora oggi i mitici venerdì sera del Piper. Le feste erano all’insegna del toro meccanico, dei pattini, della neve e tante altre ancora. Il Mister, per avvicinare i giovani ai problemi di quei tempi, portò nel locale personaggi importantissi tra cui l’Onorevole Giulio Andreotti e il Prof. Ferdinando Aiuti.
Gli anni 80’ sono stati gli anni della nascita della musica “house dance” e del “rap”, molti i dj che hanno suonato nello storico locale tra cui Peter e Paul Micioni, Corrado Rizza, Stefano De Nicola, Marco Trani, Jovanotti, Roberto D’Agostino, Alvaro Ugolini & Dario Raimondi e tanti altri ancora.
Gli anni Novanta sono poi quelli della nascita della musica “tecno” e di quella “elettronica”. Il Piper oramai trasformato nella discoteca n. 1 d’Italia porta in consolle i principali dj della scena italiana e internazionali. Per esempio: Coccoluto, Fargetta, Linus, Albertino ect… Questi sono anche gli anni dei “pomeriggi” e dei “mattinee”. Il sabato e la domenica pomeriggio centinaia di ragazzi provenienti da tutti i quartieri di Roma frequentavano il locale per ascoltare buona musica e magari trovare l’anima gemella.
A metà degli anni 2000, i figli di Giancarlo Bornigia decidono di far tornare al Piper Club anche la musica live, con concerti unici di star nazionali e internazionali. Il primo è quello dei “Babyshambles” di Pete Doherty, un successo strepitoso di cui se ne è parlato in tutto il globo, poi artisti del calibro di Niccolo Fabi, Gianluca Grignani, Cat Power, Brazilian Girls, Paola & Chiara, Editors, Tiromancino, Giuliano Palma & Blue Beaters e alcuni degli eventi più importanti della capitale tra cui le “Hilfiger Session” che hanno portato ospiti Mario Biondi, Corveleno, Lara Martelli e tanti altri.
Oggi il Piper Club mantiene il suo spirito, unendo 5 decenni di storia e muovendosi tra il più contemporaneo Clubbing e live indipendenti e pop.