La facoltà di leggere nella mente, finora vista solo nei film di fantascienza, potrebbe essere presto reale grazie ad uno studio italiano, che apre alla possibilità di leggere il pensiero grazie al monitoraggio dell’attività elettrica del cervello

Non si potrà più mentire, dunque, senza il rischio concreto di essere scoperti. La ricerca, condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pavia in collaborazione con la Scuola superiore Universitaria Iuss-Pavia, aprirà alla reale possibilità di scrutare nella mente di qualcuno in laboratorio.

Lo studio italiano è stato realizzato mediante la misurazione dell’attività elettrica del cervello in persone sveglie durante operazioni neurochirurgiche e ha evidenziato per la prima volta che, quando pensiamo, i neuroni del linguaggio comunicano tra di loro grazie a onde elettriche che copiano le onde sonore delle parole corrispondenti. Non c’è bisogno delle parole, quindi, per dare voce e forma ad un pensiero. Basterà leggerlo grazie al monitoraggio dell’attività elettrica del cervello, anche senza parole esplicite.

L’attività del cervello riflette il suono delle parole

“Il lavoro – commenta Stefano Cappa, docente di Neuropsicologia – descrive l’esito di ricerche condotte nel corso degli ultimi 4 anni su tracciati elettrocorticografici ricavati dall’emisfero specializzato per il linguaggio di pazienti sottoposti in anestesia locale ad interventi neurochirurgici per l’asportazione di lesioni cerebrali. Durante questi interventi, è necessario al chirurgo identificare le aree cerebrali coinvolte nel linguaggio ed in altre funzioni superiori per poterle rispettare durante l’asportazione della patologia”.

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“Questa indicazione clinica – prosegue Cappa – consente di ricavare dati neurofisiologici, linguistici e comportamentali utilissimi per comprendere il funzionamento del cervello umano (che può essere mantenuto brillante grazie alla bici) grazie e le basi biologiche del linguaggio. Il lavoro degli studiosi ha permesso di dimostrare per la prima volta come l’attività elettrofisiologica delle aree del lobo frontale e temporale dedicate al linguaggio sia modellata sul suono delle parole. La capacità di leggere il ‘linguaggio interno’ direttamente dall’attività cerebrale – conclude lo studioso – potrebbe costituire una importante base per lo sviluppo di dispositivi protesici in grado di aiutare chi ha perso la capacità di articolare la parola in seguito a malattie del cervello”.