Più auto, meno software. Qual è l’immagine del consumatore medio che emerge dalla consueta battaglia di spot milionari per la finale dell’evento sportivo dell’anno?

La finale del Super Bowl è l’evento sportivo e televisivo dell’anno negli Stati Uniti. Dal livello degli ascolti e degli investimenti pubblicitari si possono fare previsioni e capire le tendenze dell’anno appena iniziato, un po’ come gli aruspici e gli àuguri nell’antica Roma interpretavano la volontà degli dèi, osservando le viscere degli animali o il volo degli uccelli. E come sempre, gli esperti di marketing dei brand globali e i direttori creativi delle più importanti agenzie pubblicitarie si sfidano a colpi di spot milionari (gli inserzionisti arrivano a pagare anche 3,8 milioni di dollari per 30 secondi).

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L’anno scorso, Microsoft aveva emozionato tutti con la sua visione umanista della tecnologia e Steve Gleason testimonial. Quest’anno, assenti i big del mercato dell’hardware e del software, dalla stessa Microsoft a IBM, passando per Samsung e Lenovo. Presenti in blocco invece, i grandi player dell’auto: Nissan, Toyota, BMW, Chevrolet, Kia. Segno evidente dell’evoluzione del mercato automotive. La bandiera dell’ICT è stata portata avanti dal web services provider Squarespace,dal numero uno delle batterie per device mobili Morfie e dall’operatore multinazionale di telefonia mobile T-Mobile, che ha colpito nel segno con due spot. Nel primo, Sarah Silverman e Chelsea Handler celebrano la potenza del loro Wi-Fi in ogni situazione possibile, anche quelle più improbabili. Nel secondo, Kim Kardashian (nella foto) ammicca a un target preciso, ricordando che ogni mese milioni di giga di dati non utilizzati ritornano alle società di wireless. Una vera tragedia ( «Tragic»! ), per la spregiudicata 34enne di origine armena, tra le 100 celebrità più influenti al mondo, secondo la classifica di Forbes. Soprattutto perché il traffico dati già pagato – a sentire la carrozzata Kardashian – potrebbe essere utilizzato proprio per vedere il suo makeup, il suo lato B e il suo equipaggiamento completo.

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Di tutt’altro genere, quasi a fare da contrappasso, la campagna contro la violenza sulle donne dal titolo No More, che racconta l’esperienza di una richiesta di aiuto al numero di emergenza 911. A ben vedere, dalla lettura in sequenza dei bisogni, ai quali i prodotti pubblicizzati rispondono, emerge – però – l’immagine impietosa di un consumatore solitario, un po’ guardone, incline alla violenza, che non ha tempo per mangiare (fast food) e trova sempre il tempo di bere (birra), che ha un grande desiderio di evasione (a bordo di auto sempre più intelligenti) e che deve essere sempre connesso alla propria vita virtuale per restare legato a quella reale. Forse, siamo meglio di così. Forse.

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