Una nuova scoperta dai ricercatori dell’Università Milano-Bicocca per la riabilitazione dei pazienti colpiti da ictus: una scossa elettrica alla parte posteriore dell’emisfero cerebrale sinistro, darebbe una sorta di elettroshock all’area che controlla i movimenti rendendo possibile il recupero della capacità motoria

La sperimentazione ha evidenziato una riduzione del deficit motorio del 19%, consentendo ai pazienti un recupero di circa un quinto della capacità motoria perduta a causa dell’ictus.

Uno studio, pubblicato sulla rivista Brain, che insieme all’innovativo sistema robotico portatile sviluppato al Sant’Anna di Pisa, dà nuove speranze a chi deve affrontare il duro percorso della riabilitazione.

Una scossa di bassa intensità

La ricerca ha preso in considerazione un campione di sei persone sane e sei colpite da aprassia ideomotoria, una deficienza nella pianificazione di gesti volontari, determinata da lesioni cerebrali all’emisfero sinistro.
Grazie ad una stimolazione elettrica a bassa intensità, i pazienti colpiti da questo deficit hanno mostrato un miglioramento delle facoltà di movimento.
Gli scienziati hanno verificato quindi l’abilità motoria dei soggetti colpiti da una lesione all’emisfero sinistro attraverso prove come l’imitazione di 24 gesti specifici eseguiti da un operatore: 12 simbolici, ad esempio fare “Ok” con le dita della mano, e 12 non simbolici,come mettere la mano sotto il mento.

Soluzioni hi-tech per la riabilitazione

Uno studio che, a detta dei ricercatori, “apre la strada a nuove applicazione della stimolazione elettrica del cervello per il recupero di deficit motori e neurologici”.
Di recente la tecnologia si è prodigata per cercare di limitare le conseguenze degli attacchi: dallo speciale collare hi-tech per limitare i danni al cervello fino al chip che, impiantato sotto pelle, rivela eventuali anomalie del battito cardiaco, potenziali sintomi di un’ischemia cerebrale. Anche l’uso della telemedicina per curare i pazienti colpiti da ictus o con dei sintomi in atto, in strutture come l’ospedale Umberto I di Roma non è più solo un’ipotesi remota ma una realtà.

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