La grave carenza di professionisti ICT qualificati frena la crescita europea

Una ricerca del CEPIS, rappresentato in Italia da AICA, mette a fuoco il divario di competenze, generi ed età che caratterizza il settore ICT. In Italia la percentuale di lavoratori “under 30” è di gran lunga la più bassa d’Europa

Una grave carenza di professionisti qualificati nel settore ICT frena la capacità dell’Europa di rilanciare la crescita economica e la competitività. E’ quanto emerge dall’indagine europea CEPIS e-Competence Benchmark, che rivela l’urgente necessità di formazione e maggiore professionalità nel settore dell’ICT, evidenziando come solo il 23% dei rispondenti abbia competenze in linea con il tipo di professionalità dichiarato.

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Considerando che gli esperti hanno stimato che in Europa oltre 900.000 posti di lavoro nel settore ICT potrebbero essere vacanti entro il 2020, la mancanza di professionisti adeguatamente qualificati minaccia la capacità del settore ICT di agire da catalizzatore per la crescita, l’innovazione e la competitività. Il rapporto europeo si basa su dati raccolti attraverso il CEPIS e-Competence Benchmark, un questionario/tool di valutazione online (un autoassessment)  utilizzato da oltre 2.200 professionisti ICT di 31 paesi  della “grande Europa”, tra cui anche l’Italia, che hanno collaborato all’indagine.

Questo strumento di valutazione si basa sull’utilizzo dello European e-Competence Framework (e-CF), il quadro europeo di identificazione delle competenze digitali, conforme ad EQF – European Qualification Framework. Ai professionisti coinvolti nell’indagine è stato chiesto di indicare il loro livello di preparazione rispetto alle competenze digitali previste dal framework europeo.

Il mismatch di competenze: disallineamento di competenze, carenza di risorse per il settore ICT del futuro e squilibrio di genere

L’indagine mette in evidenza a livello globale un forte mismatch di competenze tra i professionisti ICT. Il profilo professionale più diffuso tra gli intervistati è quello del Project Manager, ma solo il 7% dei professionisti ICT rispondenti risulta disporre delle competenze previste dal modello e-CF necessarie per ricoprire questa professione

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Il report evidenzia anche una carenza di giovani occupati in questo settore, nonché uno squilibrio di genere. L’eta media europea per un professionista ICT è di 42 anni, con solo il 16% dei professionisti di età inferiore ai 30. In tutta Europa, solo il 15% dei professionisti ICT sono donne, evidenziando le figure professionali di Trainer ICT e Project Manager come le più diffuse per le donne.

Italia: i dati emersi dall’indagine nazionale

Il report relativo ai dati per l’Italia, condotto sulla base delle 460 risposte valide appartenenti a 14 dei 23 profili professionali e-CF, presenta alcune importanti differenze rispetto al quadro europeo, che andiamo di seguito a evidenziare.

Squilibrio generazionale

Per quanto l’età media del professionista italiano sia in linea con il dato europeo (42 anni), i risultati italiani dimostrano che la percentuale di lavoratori under 30 è di gran lunga la più bassa d’Europa, con l’11,6% contro il 16% della media europea. Stesso grave dislivello emerge nel caso degli over 50 anni  che si attestano solo al 17,3% contro il 22,7% europeo. Al contrario, i segmenti tra 30-40 e 40-50 rivelano una  più alta percentuale rispetto alla media europea.

Come in altri paesi, per l’Italia vi è la necessità di attirare i giovani diplomati e laureati verso la professione ICT per assicurare un’adeguata fornitura di nuovi professionals nel ramo dell’Information Technology.

Educazione e competenze: in Italia meno professionisti con laurea, dottorato o master

In generale, l’Italia si allinea con l’Europa per quel che riguarda il grado di istruzione dei professional del settore ICT, rivelando un alto livello di istruzione formale; il tasso di professionisti con laurea, master o dottorato è però inferiore alla media europea (79% vs 86%).  Solo il 26% dei professionisti italiani che hanno partecipato all’indagine ha infatti ottenuto un master o un dottorato: la media europea è invece del 40%.

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In Italia come anche in Europa inoltre si evidenzia che circa un terzo dei professionisti arriva da un background formativo non focalizzato sull’ICT.

La situazione del livello di istruzione dei professionisti italiani ed europei varia o cambia di segno a seconda del profilo professionale. Vi sono tre profili (Developer, Database Administrator e Systems Administrator) in cui il livello di istruzione raggiunto è inferiore alla media dei loro colleghi europei. Invece per profili quali Business Information Manager, Business Analyst, ICT Security Manager, Project Manager e Account Manager si riscontra che almeno il 90% dei rispondenti ha ottenuto una laurea o titolo superiore ad esso. In particolare il 60% dei Business Information Manager, il 53% dei Chief Information Officer e il 50% degli Account Manager dichiara di avere conseguito un dottorato o un master.

Squilibrio di genere

I risultati dello studio confermano lo squilibrio di genere tipico del settore ICT; in particolare, dall’analisi risulta come l’Italia sia in forte ritardo sul fronte del riequilibrio di genere rispetto alla già bassa media europea. Infatti, le donne in Italia rappresentano solo l’11% dei professionisti ICT, mentre la media europea è del 15%. Tra tutti i paesi che partecipano alla ricerca, l’Italia ha uno dei tassi più bassi di presenza femminile nel campione.

La partecipazione delle donne in Italia supera il 15% solo in due profili: Business Information Manager (20%) e System Administrator (15%). Inoltre, per due profili, Network Specialist e ICT Security Manager, nessuno degli intervistati era donna.

Giulio Occhini, Direttore di AICA commenta così questi dati:  “I professionisti ICT hanno il potenziale per dare un enorme contributo alla ripresa economica dell’Europa, ma ciò non potrà accadere a meno che non ci siano abbastanza persone con le capacità e le competenze adeguate. Garantire che ci sia un numero sufficiente di professionisti con le competenze adeguate deve diventare una priorità assoluta. In particolare, nel caso dell’Italia dove si registra il più basso tasso di lavoratori under 30 nel settore ICT, risulta fondamentale incoraggiare un maggior numero di giovani nella carriera professionale dell’Information Technology, oltre a promuovere un costante sviluppo professionale in linea con le competenze attuali e future necessarie per essere competitivi nel mercato del lavoro”.

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