Wine blog: utili o inutili? Social analysis e big data

Nel 2011, l’analisi del mondo 2.0 era completamente riferita ad aspetti quantitativi, numero fan e follower. Tre anni dopo, la percentuale è scesa sotto il 50%, lasciando spazio alla qualità del target, sentiment, strategia e una minima percentuale di predittività.

Un dato, quest’ultimo, che fra due anni sarà invece determinante per il 20%, mentre la quantitativa scenderà sotto il dieci per cento. È la fotografia che Paolo Errico, AD di SocialMeter by Maxfone (azienda italiana leader nell’analisi del mondo social grazie a un algoritmo esclusivo nato dalla collaborazione con tre università e che coinvolge più di cento ricercatori) ha scattato nel corso del seminario “Wine blog: utili o inutili?”, presentato al Wine2wine, il primo forum di Veronafiere e Vinitaly dedicato al business del settore vitivinicolo. «Secondo Cisco, nel 2020 – ha ricordato Errico – nel mondo ci saranno 50 miliardi di device online generatori di Big Data che, solo negli USA, produrranno un milione di nuovi posti di lavoro per analizzarne i contenuti».

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Ma qual è il rapporto delle cantine italiane con i blog e più in generale con i social? Ormai, il 94% delle cantine dispone almeno di un sito internet collegato a uno o più social network. L’attenzione si è spostata dalla content strategy, al dialogo diretto con gli utenti e allo studio dell’immagine grafica, come hanno evidenziato nei loro interventi Giovanna Lazzari della Casa Vinicola Zonin, Matteo Bisol di Venissa (Bisol), Stefania Paglino di Planeta, Lene Bucelli di Avignonesi e Alessandro Cortes di Argiolas. A dimostrazione che il settore del vino è entrato in una fase più matura e consapevole dell’utilizzo degli strumenti social e della comunicazione virale.

L’uso degli analytics permette di monitorare in tempo reale il mercato e di avere l’esatta percezione che i consumatori hanno del brand. Nel viaggio virtuale nella mappa del commercio enoico, il sentiment raccolto è decisamente positivo, ma per continuare a crescere bisogna imparare ad approcciare paesi differenti e con strategie nuove. L’Ermitage, uno dei più importanti musei al mondo, ha preferito l’Italia per i suoi vini di rappresentanza. E anche l’Expo di Milano rappresenta una grande occasione da cogliere per mettere in atto azioni di incoming territoriale. Dal product placement al co-branding, le vie dell’eno-business sono infinite. Gli esempi non mancano. Pininfarina, Alitalia, il Gran Teatro La Fenice di Venezia, ma anche i club delle più famose squadre di calcio, come Milan e Juventus hanno scelto di associare la propria immagine a quella dei più famosi marchi delle eccellenza italiana.

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