Red Hat, l’open source che non conosce crisi

Da middleware, infrastrutture cloud  e piattaforma linux ricavi per 1,8 miliardi di dollari

Dall’Italia al Giappone, passando per Russia e Stati Uniti, Red Hat archivia l’ennesimo anno di crescita. “Il fiscal year 2015, chiusosi lo scorso febbraio, ci ha visto raggiungere obiettivi ambiziosi. A livello globale, il fatturato cresce del 17%, attestandosi attorno a 1,8 miliardi di dollari” afferma Gianni Anguilletti, Country Manager di Red Hat Italia. Una crescita ancora più sostenuta di quella dello scorso anno durante il quale si era realizzato un aumento pari al 15%. “Risultati che per una società che approccia i due miliardi di dollari di ricavi – inserita in un contesto macroeconomico come quello che conosciamo – fanno di Red Hat la prima azienda open source pure-play al mondo per fatturato” sottolinea Anguilletti.

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A trainare la crescita del gruppo sono le tecnologie dedicate allo sviluppo applicativo (middleware) e alla realizzazione di infrastrutture cloud (+43%). Una crescita così marcata che fa dire ad Anguilletti che se oggi il gruppo dovesse rinunciare al fatturato derivante dalla piattaforma Linux, rimarrebbe comunque al vertice del settore. Anguilletti attribuisce il successo di Red Hat a due fattori critici: evoluzione tecnologica e organizzativa. “Una sinergia che si autoalimenta e sostiene il piano industriale di crescita del Gruppo. Proiettato a raggiungere tre miliardi di fatturato entro i prossimi tre esercizi”. In che modo? Perseguendo una strategia che poggia su tre pilastri. Il primo, l’ampliamento dell’offerta a disposizione di partner e clienti. “Parliamo dell’arricchimento di framework e tecnologie a disposizione del cliente. Uno stack infrastrutturale che risponda al meglio alle iniziative nel proprio ambito di riferimento” spiega Anguilletti. Poi l’openness, l’apertura. L’opportunità di poter contare su uno stack costituito da componenti utilizzabili in completa simbiosi tra loro oppure in abbinamento ad altri. Non necessariamente a marchio Red Hat. “Per esempio JPos, uno strumento middleware alloggiabile sia sulla piattaforma Red Hat Enterprise Linux che su un altro tipo di sistema operativo, mantenendo le stesse funzionalità e performance” chiosa Anguilletti. Il terzo infine è quello della flessibilità. Che Red Hat declina rifacendosi a due mantra: Any application, anytime, anywhere. E Open Hybrid Cloud. Inteso come applicazione o servizio sviluppato per un certo ambiente con tecnologia Red Hat ma utilizzabile in modo trasparente anche in un contesto diverso.

“Queste linee guida stanno governando lo sviluppo dello stack strutturale più completo da un punto di vista funzionale e – a detta di analisti e indagini di mercato – sostenibile economicamente, disponibile sul mercato” conferma Anguilletti. Stack composto da una serie di moduli (s/o, virtualizzazione, piattaforma per la realizzazione di architetture di storage definite via software, strato o piattaforma middleware per la realizzazione di infrastrutture SOA – Service Oriented Architecture), tecnologie per la realizzazione di cloud (IaaS e CaaS cloud as a service) e relativi servizi. “Uno strumento che consente ai nostri clienti di realizzare delle piattaforme in grado di gestire enormi quantità di dati. E che allo stesso tempo rispondono alle loro esigenze d’innovazione per intercettare nuove opportunità di business” argomenta Anguilletti.

Open source dunque come alternativa per far evolvere le soluzioni IT sfruttando i trend tecnologici che presentano il maggior potenziale: big data, analytics, SOA, cloud, mobility e internet delle cose. Per le aziende un’opportunità, quest’ultima, di monitorare in modo ancor più granulare la qualità dei servizi erogati, riducendo i costi. E per i vendor come Red Hat di ampliare l’offerta di soluzioni e tecnologie e intensificare il livello di interazione con le aziende. “Anche sul versante IoT, Red Hat intende far valere la propria natura di catalizzatore. Proponendosi come interlocutore ideale per coloro che necessitano di uno strato tecnologico che filtri, storicizzi e trasformi i dati provenienti da tutti i device connessi” afferma Giovanni Pirola, Regional service manager di Red Hat Italia.