Smart collaboration. Edo, l’organizer di squadra

La startup italiana propone un innovativo strumento che sincronizza e centralizza file, metadati e messaggistica

È possibile trasformare un banale servizio di cloud storage in un autentico strumento di condivisione e collaborazione, smart e facile da usare, rivolto alla vasta categoria degli utilizzatori “prosumer” ma pensato, in prospettiva, per applicazioni di livello corporate? Secondo i quattro giovani inventori di Edo la risposta a questo interrogativo è sì. Ma solo a patto di rivedere le attuali interfacce utente, adattandole alle metafore della mobilità oggi dominanti. Un approccio realistico che deve essere apparso convincente ai responsabili di fondi di investimento del calibro di Tim Ventures e Club Italia Investimenti 2 che hanno partecipato al primo round di 150mila euro di seed capital percepito ad aprile dalla startup, che nel 2013 aveva partecipato alle competizioni di Wcap promosse da TIM e ora – dopo una prima fase di lavoro “officeless” – può contare su uno spazio tutto suo presso le strutture dell’acceleratore di impresa Working Capital a Roma.

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Il concetto alla base di Edo – disponibile in versione beta sottoforma di web app per i principali browser e in versione mobile app sullo store Android (ma nel giro di pochi mesi dovrebbe arrivare anche la app per iOS) – è quello dell’organizer personale, un unico spazio virtuale in cui riversare file, fotografie, filmati, link curiosi, appunti, documenti in pdf normalmente archiviati alla rinfusa sui propri spazi in cloud (al momento Edo è integrato con Google Drive e con le applicazioni di Google Docs e per provarlo basta iscriversi al sito tramite il proprio account su Google, o scaricare la app). Lo spazio virtuale di Edo è però suddiviso in due “zone”. Da una parte un’area privata dove le informazioni provenienti dai propri dispositivi personali vengono sincronizzate e organizzate per categorie facilmente riconoscibili attraverso piccole icone, favorendo così un accesso centralizzato. Dall’altra una scrivania di collaborazione in cui a ciascun contatto di una lista possono essere associati uno o più documenti, ciascuno dei quali accompagnato da una nota esplicativa destinata a facilitare il lavoro di squadra, per esempio l’intervento a più mani su un documento di testo. Tutto intorno, gli sviluppatori di Edo stanno creando una serie di funzioni mirate alla condivisione e alla smart collaboration: la chat, il versioning e quant’altro.

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L’inizio della storia

«Tutto nasce diversi anni fa – racconta il CEO, Eduardo Festa, il giovane economista molisano fondatore della startup – nel periodo in cui lavoravo a Milano e buona parte della mia attività quotidiana consisteva nell’aggregare documenti di grosse dimensioni condivisi attraverso i servizi di file sharing». L’aspetto della condivisione «veniva risolto –  racconta Festa – ma quei sistemi non gestivano la comunicazione riguardante i file scambiati, che avveniva attraverso strumenti diversi, come la mail o la chat. Era molto frustrante perché oltre ai documenti bisognava andare a ricompattare anche le informazioni sui documenti scambiati». La soluzione? Mettersi a studiare una modalità che combinasse tutti questi aspetti in uno unico strumento non condizionato dalle rigide interfacce dei software tipicamente aziendali, poco amichevoli e intuitive.

«Fin dall’inizio – spiega Festa – volevo partire da un utilizzatore “prosumer” che avesse l’esigenza di strutturare meglio le proprie condivisioni per realizzare qualcosa a livello personale o insieme ad altre persone, per poi arrivare a gruppi di lavoro più complessi e da qui alle grandi organizzazioni». Il primo che Festa riesce a coinvolgere è Marco Muratore, attuale CTO del piccolo team, l’ingegnere aerospaziale che si occupa dell’intera architettura del servizio. Subito dopo, ai due si uniscono Paolo Briganti, responsabile della “mobilizzazione” di Edo, e Angelo Bellone, che con la sua esperienza in grafica e marketing cura l’interfaccia utente e la comunicazione. A Festa chiedo che cosa si prova a gettarsi nella mischia di un settore in cui il competitor più piccolo rischia di avere decine di milioni di utenti e abbonati. «Società come Dropbox si stanno anch’esse muovendo in direzione della collaborazione, ma dovranno affrontare molti cambiamenti dal punto di vista della user experience e anche il più piccolo errore potrebbe costar loro molto caro. Noi, al contrario, abbiamo poco da perdere e possiamo permetterci di fare tanta innovazione. D’altro canto, non potevamo pensare di realizzare una nuova infrastruttura di cloud storage: piuttosto sfruttiamo le risorse che ci sono già e scommettiamo su funzioni che possono aiutare gli utenti di quei servizi a svolgere, in modo molto più performante e creativo, azioni che oggi sono complesse e macchinose».

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Approccio BYOD

L’utilizzatore tipo della versione beta di Edo sembra rispondere alla perfezione alla filosofia del bring your own device. «Un software pensato in chiave consumer ha più possibilità di generare i numeri che abbiamo in mente. La nostra ambizione è catturare oggi chi in futuro avrà bisogno di nuovi strumenti di collaborazione, per esempio gli studenti che oggi condividono gli appunti e i materiali delle lezioni e domani entreranno in azienda portando con sé il nostro strumento». Anche sul modello di business, Festa e i suoi soci hanno le idee piuttosto chiare e non danno troppo spazio alla banale illusione della banda di ragazzini che diventano miliardari vendendo al big di turno la loro app. «Quelle sono eventualità troppo rare, passo dopo passo vogliamo costruire una azienda solida, in grado di sostenersi da sola». Per questo bisogna programmare accuratamente i vari momenti di crescita. La fase beta di Edo è destinata a proseguire ancora per un po’, mentre i suoi ideatori continuano a sviluppare nuove feature e a valutare i feedback che arrivano dagli utenti.

Futuro freemium

Commercialmente parlando, il futuro “live” di Edo sembra essere freemium: una edizione base gratuita e un piccolo universo di possibilità aggiuntive che gli utenti potranno acquistare, direttamente dagli store, attraverso micropagamenti di poche decine di centesimi. «L’obiettivo – dice Festa – è costruire una prima base di utenza sufficientemente estesa, per guadagnare la reputazione necessaria ad attirare nuovi investitori disposti a immettere forza finanziaria per un lancio su scala ancora più vasta».

I rapporti con l’attuale mentore, il gruppo Telecom Italia, non sono in questo senso vincolanti, il team di Edo sta lavorando senza condizionamenti e senza dover rispettare precisi obiettivi di prodotto. «Non ci preoccupa la consapevolezza di essere degli outsider – dichiara Festa – ci piace molto pensare a soluzioni innovative. La nostra dimensione ci permette di realizzare cose che un grande gruppo non farebbe mai, perché non sarebbero profittevoli in un ambito professionale». In effetti, tornano alla mente i clamorosi fallimenti di Google in questo campo (ricordate il complicatissimo Wave, abbandonato da anni?). E se il piccolo Edo, partendo dal basso, riuscisse a trasformare leggerezza e praticità in una clamorosa storia di successo?

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