Troppo stress al lavoro? La sindrome del “burn-out” può danneggiare il cuore

I ritmi di lavoro sempre più frenetici e l’aumento della pressione sui lavoratori fa aumentare il rischio di sindrome da esaurimento lavorativo, cosiddetta “burn-out”

In Francia si contano oltre 3 milioni le persone sull’orlo di una crisi di nervi a cusa dello stress eccessivo. Sono il 12% dei lavoratori, secondo i dati della società di consulenza specializzata in rischi professionali Technologia. La sindrome da stress causato dal lavoro comporta costi esorbitanti anche in Italia: si parla di circa 3 miliardi di euro all’anno
Un problema che era finito sotto i riflettori nel 2009, quando tra i dipendenti di France Telecom si era registrata un’impennata di suicidi, con 35 casi in poco più di un anno.  Instabilità del posto di lavoro e carenza di personale sono tra le principali cause di stress da lavoro nel nostro Paese, secondo una recente indagine. Dovrebbero preoccuparsi soprattutto le donne in carriera, alle quali i ritmi di vita lavorativi logoranti limitano l’aspettativa di vita.

Trattare l’esaurimento lavorativo come una patologia

Oggi a riportare all’attenzione questo tema è il deputato socialista ed ex ministro dell’Istruzione Benoit Hamon, che ha presentato all’Assemblea nazionale una proposta di legge, sotto forma di emendamenti alla riforma del dialogo con le parti sociali, con la richiesta che il ‘burn-out’ venga ufficialmente riconosciuto come malattia professionale.
Trattare l’esaurimento da stress lavorativo alla stregua di una patologia costringerebbe le aziende e servizio sanitario a monitorarne l’andamento, fornire un’assistenza specifica e impegnarsi nella prevenzione.

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“Le nuove condizioni di lavoro esauriscono e a volte sconvolgono migliaia di dipendenti”, spiega in un’intervista a Liberation Hamon, che parla di “responsabilità della sinistra adattare le protezioni alle nuove minacce”, per “una necessità” anche economica. “Riconoscere le cause professionali di questo male vorrebbe dire obbligare le aziende a pagare per i danni che provocano sulla salute dei dipendenti”.

Gli scettici

Lo scetticismo che ha incontrato questa proposta è dovuto soprattuto alla difficoltà nel definire con precisione dal punto di vista medico questo tipo di condizione detta “burn-out” ed escludere che sia dovuta a problemi di natura personale, invece che lavorativi.

“Se si apre la porta delle malattie professionali ai rischi psichici, si mette un dito in un ingranaggio di cui nessuno misura la portata”, spiega al quotidiano Les Echos un esperto “se i medici cominciano a dare la colpa di tutte le depressioni ai datori di lavoro”.