Grazie ad uno studio italiano sono stati identificati due nuovi bersagli farmacologici per combattere l’infezione da HIV nel sistema nervoso centrale

La ricerca, pubblicata su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), è stata condotta da un gruppo di studiosi dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Oltre ad infettare i linfociti T, il virus dell’HIV attacca anche altre cellule del sistema immunitario quali i macrofagi, che svolgono un’azione complementare a quella dei linfociti T.
I macrofagi sono dunque un altro bersaglio, che a differenza dei linfociti T non muoiono in seguito all’infezione ma veicolano la sua propagazione al cervello, causando encefalite mortale. Queste cellule hanno anche la caratteristica di accumulare le particelle virali (virioni) infettive all’interno di compartimenti intracellulari definiti “VCC (Virus-Containing Compartments)”. Un’altra ricerca italiana di recente ha scoperto quella che potrebbe essere definita “la porta” del virus dell’Hiv, dove il virus si insedia dopo aver raggiunto le cellule infettate, aprendo la strada a possibili nuove cure per debellare l’infezione.

Eliminare l’infezione dei macrofagi

Francesca Graziano, primo autore del lavoro e ricercatrice dell’Unità di Immunopatogenesi dell’AIDS dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, diretta dal professor Guido Poli, docente di Patologia Generale e Immunologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con il dottor Philippe Benaroch dell’Istituto Marie Curie di Parigi, ha individuato due elementi fondamentali per controllare l’accumulo e il rilascio dei virioni dai macrofagi infettati senza causare la morte delle cellule. Concentrando i propri studi sulla molecola ATP (adenosina-trifosfato), gli autori hanno dimostrato che essa induce il rapido rilascio dei virioni HIV dai macrofagi infettati, legando un il recettore cellulare P2X7.
I ricercatori hanno anche dimostrato che l’Imipramina, farmaco antidepressivo che inibisce la produzione di microvescicole dalle cellule, può bloccare il rilascio di virus indotto dall’ATP quando si lega a P2X7.

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Verso una “cura funzionale” dell’Hiv

Spiega Francesca Graziano: “Sia P2X7 che il meccanismo di produzione di microvescicole cellulari rappresentano due potenziali bersagli farmacologici che potrebbero giocare un ruolo chiave per eliminare l’infezione dei macrofagi, cellule particolarmente importanti per l’infezione da HIV del sistema nervoso centrale, ma anche in altri organi e tessuti”.

Il prof. Guido Poli aggiunge:

“Complessivamente, lo studio ambisce a contribuire al grande sforzo internazionale di identificare strategie per giungere a una ‘Cura Funzionale’ per l’infezione da HIV, ovvero alla riduzione del numero di cellule infettate al di sotto della soglia necessaria alla ripresa di malattia e alla trasmissione del virus ad altri individui, una volta sospesa la terapia antiretrovirale”.

Attualmente le normali cure possono bloccare la malattia, mantenendo il paziente in condizioni apparentemente di buona salute, ma non eliminano il virus. Non si è mai verificato infatti un caso di guarigione definitiva. In California è stato avviato un progetto basato su una speciale pillola, che abbatte le probabilità di infezione da Hiv, per la cui prevenzione è stato prodotto in Italia un vaccino che sembra funzionare.