Grazie ad un innovativo studio sulla farmacoresistenza nei casi di epilessia, si aprono le porte allo sviluppo di farmaci ad hoc, sempre più mirati

E’ una ricerca condotta tra AOU Senese, Università di Siena e Università di Ferrara ad essere stata selezionata come unico lavoro sull’epilessia che verrà presentato al congresso internazionale dedicato ai disordini neurologici, in programma a San Francisco in questi giorni.

L’origine della farmacoresistenza

Il gruppo di studiosi, coordinato dal professor Raffaele Rocchi, ha evidenziato specifiche alterazioni cellulari e proteiche nei neuroni residenti nella zona da cui hanno origine le crisi epilettiche.

Attualmente si è calcolato che nel mondo sono oltre 65 milioni le persone affette da epilessia, patologia che si cerca ad oggi di trattare bloccando la scarica elettrica anomala.
Esistono tuttavia forme differenti di epilessia e ognuna trae un’origine diversa e si manifesta con un meccanismo differente. Ecco perché purtroppo circa un terzo delle persone che soffrono di epilessia non risponde positivamente ai trattamenti, i cosiddetti casi di epilessia farmacoresistente.
La ricerca si è quindi concentrata sullo scopo di comprendere il motivo per cui i farmaci non riescono ad avere un’azione efficace in alcuni casi, con l’obiettivo di progettarne altri più specifici e mirati.

Verso farmaci innovativi

Capire perché il farmaco non riesce ad agire è di fondamentale importanza per poterne progettare altri con

«Grazie alla valutazione di frammenti di tessuto, asportato durante l’intervento neurochirurgico nei pazienti affetti da epilessia farmacoresistente – spiega Rocchi – è stato possibile osservare come lo stress ossidativo generato dalle crisi possa modificare una proteina, l’acquaporina 4, importante per veicolare acqua e ioni nelle cellule del sistema nervoso. Ne risulta alterata la generazione degli impulsi elettrici con cui i neuroni comunicano tra loro, dando luogo al perpetuarsi delle crisi epilettiche».

I risultati dello studio, pubblicato di recente sulla rivista “BBA Molecular Basis of Disease”, sono un passo avanti decisivo per lo sviluppo di nuovi farmaci per la cura dei casi più gravi di epilessia.

«Ora il secondo step avrà come obiettivo lo studio di molecole utili a limitare lo stress ossidativo, che è alla base di molte patologie neurologiche» conclude Rocchi.

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