Inaugurata la “nanofabbrichètta”

Il Politecnico di Milano apre le porte di PoliFAB, innovativa struttura aperta e pay-per-use rivolta a ricercatori e nuovi imprenditori delle micro e nanoscale

Anche Milano, dopo analoghe installazioni a Torino e a Trento, ha una sua struttura con camera bianca e altri ambienti e strumentazioni per avanzate attività di ricerca e prototipizzazione alle micro e nanoscale su materiali diversificati. La struttura, circa 400 metri quadri suddivisi in due aree distinte (per gli addetti ai lavori la classificazione, in ordine di livelli di impurità nell’aria, è ISO 06 per la “yellow room” e ISO 08 per la zona grigia), dove si potrà usufruire di strumentazioni per litografia ottica e a fascio di elettroni, incisione chimica umida e ionica a secco, deposizione di film di materiali, caratterizzazione, deposizione di contatti, microscopia a forza atomica. Insomma, una vera e propria officina dove non si lavora con viti e bulloni, ma ai livelli dei singoli atomi. La struttura, il nuovo Polifab, è ospitata nel mitico “Cremlino”, l’edificio con due torri a cuspide all’interno del Campus Leonardo.

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Dietro PoliFAB e i suoi obiettivi virtuosi c’è una storia di intelligente riconversione di attrezzature, capace di ricompensare – addirittura con un buon margine di profitto – un territorio che negli ultimi anni ha assistito alla chiusura o alla riconversione di diversi spazi di ricerca privata industriale. Del resto, lo ha sottolineato lo stesso rettore del Politecnico, Giovanni Azzone, osservando che in Lombardia si può e si deve ancora scommettere sulle aziende di produzione high-tech, ma una partita del genere richiede il pieno coinvolgimento di una potenza accademica come il Politecnico e le altre università, che non possono più restare isolate. Le apparecchiature che oggi vengono messe a disposizione, in modalità open e pay-per-use, anche ai ricercatori e alle imprese esterne al Politecnico, sono quelle ereditate dai Pirelli Labs, una società che nella stessa periferia di Milano, che aveva visto nascere brand come Breda e Falck, era riuscita, negli anni 90 del secolo scorso, a raggiungere eccellenti traguardi nel campo della fotonica.

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Dare valore alla ricerca

Un nobile predecessore di PoliFAB, hanno spiegato i partecipanti del panel di presentazione, è la Fondazione Cife, creata cinque anni fa, in collaborazione con Cnr, Fondazione Politecnico di Milano e Gruppo Pirelli & C, che insieme hanno dato vita a una organizzazione non-profit per la promozione, il trasferimento, la valutazione e la valorizzazione della ricerca nel settore della fotonica applicata alle energie rinnovabili. PoliFAB compie un decisivo passo avanti, come ha spiegato il direttore della “nanofabbrica”, Andrea Lacaita, docente del dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria al Politecnico di Milano. «PoliFAB non è solo una palestra per ricercatori, ma un luogo attrezzato dove è possibile arrivare già oltre le prime fasi della prototipizzazione, lavorando su quelle che vengono definite “pre-serie” qualificate per la produzione in volume». Anche in questo caso Pirelli, anzi i Pirelli Labs, si inseriscono nel contesto di questa nuova iniziativa, mettendo a disposizione un insieme di macchine e strumenti che superano i cinque milioni di euro di valore complessivo e assicurano a PoliFAB una notevole continuità operativa. Al PoliFAB non si entra in concorrenza con i big dei microprocessori, ma Lacaita assicura che è possibile scendere dai micron fino ai dettagli di 20 nanometri. Un limite di tutto rispetto, specie considerando la varietà di lavorazioni e materiali di cui PoliFAB potrà farsi carico. Anche per come sono state impostate le modalità di accesso alla struttura, è chiara fin dall’inizio la volontà di agire da stimolo nel trasferimento di conoscenze e nel delicato – e finora difficile – passaggio da una imprenditorialità basata essenzialmente sul software alle forme di produzione industriale più adatte all’economia digitale. «L’assoluta maggioranza delle startup lavora con i bit – precisa Lacaita – noi vogliamo mettere a disposizione dei nuovi imprenditori gli strumenti necessari per lavorare sugli atomi. Il software va bene, ma è importante anche riuscire a costruire l’hardware del futuro». PoliFAB funzionerà quindi sia come laboratorio condiviso tra tutti i dipartimenti del Politecnico sia come struttura autonoma capace di operare per conto terzi in modalità completamente “as a service” o accogliendo direttamente al proprio interno ricercatori e tecnici di aziende e istituzioni che ne facciano richiesta. In quest’ultimo caso, sono previste anche attività di formazione e certificazione del personale che dovrà accedere alle “cleanroom”, ma che potrebbe non aver mai maturato esperienze di lavoro in ambienti così particolari.

La cultura del “nanofare”

Proprio perché PoliFAB nasce anche dall’accentramento di gruppi di ricerca attivi in altre aree del Politecnico, la visita organizzata dopo il taglio del nastro, in occasione dell’inaugurazione, è avvenuta in stanze già affollate di tecnici, tutti rigorosamente bardati in tute, calzari e cuffie protettive. Oggi, PoliFAB funziona a pieno regime e ospita diverse attività finalizzate in collaborazione con grandi aziende o con i finanziamenti europei.

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Le lavorazioni spaziano dai sofisticati memristor – componenti che memorizzano i flussi di corrente che li hanno attraversati e potrebbero essere alla base di memorie, circuiti logici e persino di architetture computazionali che imitano i processi neuronali (Intel e HP sono già impegnate in intense ricerche in quest’ambito) – ai “laboratori” su singolo chip, che sfruttano sofisticate micro-tubazioni incise su vari supporti per mettere in evidenza la presenza di determinate sostanze su scala molecolare. Un modo per consentire la diagnosi anticipata e molto rapida, di malattie virali e oncologiche. Uno dei progetti in corso è Eschilo, un Lab-on-chip per il riconoscimento delle mutazioni geniche portatrici di tumori che potrebbe aprire la strada alla diagnostica precoce e low-cost in campo oncologico (questo è un progetto finanziato da Fondazione Cariplo che vede come partner il Politecnico, l’Istituto FIRC di oncologia molecolare, Euroclone e STMicroelectronics).

Altri gruppi lavorano con diversi obiettivi in campo medico e fotonico, sui componenti per la spintronica (una sorta di elettronica 2.0 che sfrutta anche la dimensione dello spin, o “momento magnetico” dell’elettrone oltre che la sua carica elettrica) o su applicazioni promettenti come il rilevamento “non invasivo” del passaggio di luce nelle fibre ottiche. La possibilità di misurare il passaggio della luce senza interrompere fisicamente il mezzo porterà a significativi miglioramenti nel settore della fotonica, tanto da aver coinvolto un partner come Huawei. Grazie al PoliFAB e alla cultura del “nanofare”, l’area milanese potrebbe insomma tornare a essere un punto di riferimento europeo di una nuova economia della produzione.