Se la colonnina di mercurio scende di 10 gradi non bisogna sottovalutare i rischi per il cuore: le probabilità di infarto aumentano del 7%

Ad affermarlo è una ricerca canadese condotta dalla dottoressa Shuangbo Liu dell’University of Manitoba a Winnipeg, i cui dati sono stati presentati a Londra durante il congresso annuale dell’European Society of Cardiology (Esc) attualmente in corso.
Secondo lo studio bisognerebbe prestare attenzione ai drastici abbassamenti di temperatura in quanto il freddo fa male al cuore, aumentando il rischio di attacco cardiaco. Del resto proprio in Canada la popolazione è particolarmente avvezza a neve e temperature estreme (nella zona di Winnpeg è stato raggiunto il record di meno 47 gradi nel 1879) . Anche il caldo ha raggiunto picchi estremi nel 1936 con 42 gradi centigradi. Oltre ai climi freddi, è stato dimostrato che anche altri fattori espongono l’organismo a rischio di infarto rischio di infarto, che si potrà diagnosticare con un esame del sangue: attenzione in particolare alla carenza di vitamina D. Anche la statura influirebbe significativamente, in particolare sarebbero le persone basse ad essere più esposte a problemi cardiaci.

Attenzione alle temperature estreme

«Abbiamo studiato gli effetti della temperatura sul rischio di attacchi cardiaci a Winnipeg, una delle più grandi e, appunto, più fredde città al mondo – ha detto Liu – Abbiamo dimostrato (lo studio ha preso in considerazione quasi 2 mila pazienti con infarto grave) che esiste una evidente relazione fra la temperatura giornaliera e il rischio di Stemi (con la sigla Stemi si indica una particolare forma di infarto caratterizzata da specifiche anomalie all’elettrocardiogramma – per gli addetti ai lavori che ci leggono si tratta del sovraslivellamento del tratto ST – e che è piuttosto grave. Cioè: più diminuiscono le temperature, più si ha probabilità di andare incontro a un grave attacco cardiaco». Un rischio che sembra connesso solo alle temperature e non riguarderebbe invece la neve.

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Si rischia anche l’ictus

Ecco perché rilevare con due giorni di anticipo le condizioni climatiche grazie alle previsioni del tempo potrebbe aiutare a predire e quindi prevenire gli infarti. Nel corso del congresso sono stati evidenziati anche altri rischi connessi alle basse temperature, come quello ictus ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale, come sostiene Tze-Fan Chao, cardiologo del Taipei Veterans General Hospital e della National Yang-Ming University di Taiwan. Lo studio ha preso in esame 290.000 pazienti, mettendo in luce che una diminuzione di 5°C della temperatura media giornaliera è sufficiente per mettere il cuore a rischio di infarto, probabilmente a causa di una maggiore viscosità e di una maggior tendenza del sangue a coagulare. Si consiglia quindi di adeguare le terapie anticoagulanti e adottare un abbigliamento adeguato alle temperature, così come vivere in ambienti riscaldati in modo proporzionale al freddo.