IT e Digital Transformation, le nuove regole del gioco

Competere significa interpretare i cambiamenti globali e guidare trasformazioni nei modelli di business, nei processi, nell’ecosistema, nelle competenze. Una sfida che stravolge i rapporti interni alle aziende, il ruolo delle tecnologie e la relazione con i partner ICT

Negli ultimi mesi, la maggior parte delle analisi condotte da IDC a livello internazionale posiziona la Digital Transformation come una “Top priority” per le aziende. Il cambiamento è visto come necessario, strategico, per la crescita e la competitività futura. Non è difficile ribaltare questi scenari sul mondo dell’offerta ICT, alle prese con la più grande trasformazione degli ultimi decenni: porsi come partner verso nuovi interlocutori, costruire nuovi modelli di solution/service delivery e di pricing, sviluppare nuovi approcci alla condivisione e gestione dei rischi e degli investimenti.

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All’interno delle aziende, ai successi si accompagnano le inevitabili complessità. La realtà, nelle organizzazioni più strutturate e consolidate, evidenzia ancora delle difficoltà su diversi fronti: ambienti legacy e gestione operativa assorbono spesso risorse consistenti, processi e strumenti non sono ancora del tutto affinati per rispondere alle sfide, le competenze scarseggiano. La Digital Transformation si realizza infatti anche con nuove attitudini e capacità, strategiche e operative. E lo “skill shortage” inevitabilmente cresce. La domanda di competenze digitali e tecnologiche è destinata a triplicare in Europa tra il 2014 e il 2020, arrivando a superare le 800mila unità alla fine del decennio in corso.

La sfida digitale

In tempi in cui tutto è nuovo, le aziende imparano sul campo. I leader segnano la strada dell’innovazione, i follower inseguono. Le esperienze degli ultimi mesi ci presentano casi rilevanti di progetti in ritardo, o i cui risultati non rispecchiano le aspettative. Recenti indagini di IDC a livello europeo mostrano un rapporto “50:50” tra progetti di successo e iniziative che falliscono o non raggiungono gli obiettivi attesi. L’esempio, riferito in particolare ai nuovi sviluppi applicativi, è emblematico dell’era che viviamo, in cui la gestione del tempo e delle risorse preziose si scontra con la complessità di definire e misurare le metriche più appropriate, di creare team interfunzionali in grado di lavorare con nuovi linguaggi e approcci.

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E’ sufficiente creare nuove strutture “digital” per competere in questi scenari di mercato? In questi ultimi mesi tutte le aziende si sono impegnate nella ricerca della formula per rispondere alla sfida digitale, che a sua volta è espressione del mandato precedente, ovvero dell’ “IT inside the business”.

Non esiste una risposta univoca a questa sfida e il mercato ci presenta soluzioni che coprono l’intero spettro possibile di risposte: dall’IT che guida con il supporto delle linee di business, alle strutture digitali create ex-novo che hanno l’ownership con il supporto dell’IT, fino alle formule intermedie e ibride che sembrano prevalere e dove i principi della collaborazione, condivisione e governance vincono al di là delle connotazioni di carattere funzionale.

Nuove strategie

I confini dell’industria ICT si sono già allargati negli anni scorsi con l’avvento di Cloud, Mobile, Social, Big Data. Con l’avvento di Internet of Things, Cognitive Systems, Robotica, 3D Printing, Natural Interfaces si aprono nuovi scenari ancora da scrivere per i partner tecnologici. Nuove opportunità, ma anche nuovi competitor o coopetitor, nuove alleanze e partnership, perché nessun attore può più porsi come interlocutore unico di fronte a questioni così complesse e ampie. Nuovi scenari dunque, ma anche nuove tendenze socioeconomiche e strategie di impresa. Si pensi al riaffacciarsi del dibattito sulle logiche di delocalizzazione produttiva, che negli ultimi anni sta vedendo un’inversione di tendenza legata al cosiddetto fenomeno del “backshoring” o “reshoring” ovvero della rilocalizzazione delle attività produttive. In Occidente, e in Italia, si sono già registrati molti casi di aziende che hanno deciso di fare un viaggio all’indietro dopo anni di delocalizzazione in Asia. Cambiano le regole dei mercati, del lavoro, dei trasporti, della comunicazione, dell’accesso alle risorse energetiche. E cambiano anche i rischi geopolitici.

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Scenari in divenire che trasformano le logiche di offshoring, global operation e delivery anche per i fornitori ICT. Il ridisegno delle logiche di “global sourcing” – secondo IDC – è una delle principali direzioni strategiche nell’immediato futuro per i principali attori del mercato ICT, che pone trasformazioni e nuovi requisiti non solo a livello di ampiezza e tipologia di portafoglio, ma anche in termini di capacità di posizionarsi con un mix di modelli e offerte più ampio rispetto al passato, dove appaiono premianti strategie e approcci “agnostici” rispetto alla tecnologia in sé. Complessità che, sul campo, si misurano con dilemmi non dissimili da quelli che vivono le stesse aziende clienti: come organizzare le competenze e le strutture interne? Devono rispondere a logiche funzionali di prodotto o di soluzione? O devono avere una connotazione più cross-dipartimentale per rispondere alla natura delle proposizioni Cloud, Big Data, Mobile…? In questi ambiti, come conciliare strategie di sviluppo di business unit “distinte” per cultura, processi e competenze con il bisogno di integrare sfere esistenti dell’organizzazione e dei processi?

Anche lo sviluppo di nuovi ecosistemi sarà cruciale per gli operatori dell’offerta. Portare nuove proposizioni sul mercato, che indirizzino esigenze industry-specific o meno, impone sempre più integrazione e sinergie lungo “stack” articolati. Per non parlare di marketplace o app store che disegnano a monte vere e proprie “digital services supply chain”. Bisogna quindi riscrivere le formule per andare sul mercato, con partner attivi e nuovi attori. Dal Cloud al Social, dai Big Data all’IoT, si profilano nuove esigenze di partnership e accordi, che impattano la sfera tecnologica, i modelli di delivery, i processi di marketing, vendite, assistenza e customer service.

Nuovi modelli

L’eccellenza nei processi di vendita e di relazione tra fornitori e azienda assume un ruolo determinante. Sales planning, sales training, field sales engagement vengono impattati. Processi e pratiche di “sales enablement” diventano fondamentali per comprendere con quale sguardo e obiettivi buyer e influencer – nuovi e vecchi – guardano ai processi di valutazione, selezione e acquisto di risorse e competenze ICT e digitali. I vendor vivono da protagonisti le novità tecnologiche, aprono la strada all’innovazione, a nuovi modelli di delivery di risorse ICT, al tempo stesso le aziende cambiano e pongono nuove esigenze e sfide per l’offerta: accedere a “cloud capabilities” con alti livelli di sicurezza e qualità (SLA); definire nuovi modelli IT e migrazioni da ambienti tradizionali; supporto al time-to-market e all’agilità; comprensione delle esigenze delle funzioni “front office” (sales, marketing, customer support). I fattori discriminanti sono sempre più “business-centrici” anziché technology-driven. La value proposition dei fornitori deve entrare e giocare sul terreno del “business value”, dove anche la leva strategica del ritorno economico-finanziario (cost saving, ROI) rischia di apparire incompleta in termini di risposte attese. A essere in discussione, sia nelle aziende ICT globali sia nazionali, sono le capacità e l’allocazione delle risorse in tutte le componenti chiave: Technical, Sales, Financial, Marketing. Tutte queste aree dovranno competere su un nuovo e sfidante obiettivo: la capacità di fare dell’innovazione non solo una “key component” dei processi mission critical di sviluppo e offerta tecnologica, ma sempre più un elemento differenziante sul piano mutevole della “customer expectation”.

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Barbara Cambieri, managing director di IDC Italia