Colpite soprattutto le donne, secondo uno studio che lancia un importante allarme sulla pericolosità della sindrome da crepacuore

Conosciuta anche come “sindrome di takotsubo” o “cardiomiopatia da stress”, si tratta di una condizione con tassi di mortalità simili a quelli dell’infarto (5%). Nel 12% dei casi può causare uno shock che impedisce al cuore di pompare sufficiente sangue all’organismo. Ad affermarlo è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine, che ha coinvolto i ricercatori di 26 istituti europei e americani, tra cui i cardiologi dell’Università “Cattolica del Sacro Cuore” di Roma.
Il team italiano è stato coordinato dal professor Filippo Crea, Direttore del Dipartimento di Scienze cardiovascolari del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma, e dalla dottoressa Leda Galiuto, docente aggregato presso la Cattolica e cardiologa al Policlinico Gemelli.

“La sindrome di takotsubo non è affatto una malattia benigna – affermano i ricercatori italiani – pertanto devono essere perseguiti tutti gli sforzi atti a migliore la comprensione delle cause e a una più puntuale scelta terapeutica”.

Colpisce soprattutto le donne stressate

La sindrome da crepacuore colpisce soprattutto le donne, specialmente dopo uno stress emotivo (nel 30% dei casi per un lutto) o fisico (nel 36% per un intervento chirurgico). In metà dei casi si aggiungono anche disturbi neurologici o psichiatrici, quali la depressione. I sintomi di questa malattia sono simili a quelli dell’infarto del miocardio: dolore al petto o affanno improvviso e alterazioni dell’elettrocardiogramma. Le coronarie però risultano normali e non presentano restringimenti. Il cuore assume l’aspetto di un palloncino, simile al vaso (tsubo) che i giapponesi usano per raccogliere i polipi (tako): di qui il nome di “sindrome di “takotsubo”.

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Prognosi simile all’infarto

I ricercatori hanno osservato che la cardiomiopatia da stress non è una malattia benigna, ma è assimilabile all’infarto.

“Questo studio multicentrico approdato su NEJM chiarisce che, nonostante le disfunzioni microvascolare e miocardica, tipiche della sindrome da crepacuore, siano reversibili – spiega la dottoressa Galiuto -, la prognosi per questi pazienti è simile a quella dei pazienti con infarto, cioè, con possibilità di shock cardiogeno (una condizione grave nella quale il cuore non pompa sufficiente sangue all’organismo) nel 12% dei casi e di morte nel 5% dei casi”.

La ricerca procede nella direzione di arrivare a individuare le cause della sindrome, per poter identificare bersagli terapeutici sempre più efficaci.