Soprattutto negli anziani, la solitudine accorcia le aspettative di vita, abbassando le difese immunitarie

Essere soli, specialmente nella terza età, comporta dei rischi effettivi per la salute. Ad osservarlo è uno studio di John Cacioppo, psicologo dell’Università di Chicago, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

Geni modificati

Dopo anni di indagine sugli effetti della solitudine sulla salute umana, lo psicologo ha osservato quali conseguenze negative possono verificarsi dal punto di vista dei meccanismi organici del nostro corpo. Le cellule immunitarie (leucociti) di persone in condizioni di solitudine presentano un’attività genica modificata a favore di geni pro-infiammatori e a discapito di geni che hanno un ruolo chiave nella difesa dagli agenti infettivi. In pratica nei leucociti di persone sole, i geni coinvolti nella risposta antivirale contro infezioni e virus risultano meno attivi.

La solitudine porta solitudine

D’altra parte, gli esperti hanno notato l’innescarsi di una sorta di circolo vizioso, per cui la debolezza delle difese immunitarie causata dalla solitudine, incrementa a sua volta il rischio di restare soli nel futuro prossimo (da test effettuati nell’anno successivo). Un meccanismo che sembra irreversibile, una volta che si è consolidato il legame tra sistema immunitario alterato e solitudine. Anche i legami familiari incidono notevolmente sulle aspettative di vita, come illustrato durante un recente forum a Expo 2015. Ma fondamentali sono anche la genetica e lo stile di vita.
I test sono stati effettuati su macachi tenuti in isolamento, che risultavano più vulnerabili alle malattie infettive. Il passo successivo sarà verificare se e in che modo gli effetti nocivi della solitudine sulla salute si possano prevenire nelle persone anziane.

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