Viral marketing: se l’effetto boomerang è in agguato

A cura di Ryan Bateman, Marketing Director di Dynatrace

Anche le organizzazioni di marketing più mature commettono degli errori, e spesso in modo ricorrente. Le aziende aspirano a una crescita esponenziale e, per farlo, adottano un approccio agile “fail-fast”, imparando il più possibile dagli errori e rispondendo rapidamente con un’altra proposta di marketing. Tuttavia, quando chiedo ai responsabili marketing cosa a loro avviso deve accompagnare il concetto di “campagna virale” e se tutti i loro sistemi che gestiscono gli ordini, i siti web, i team di vendita, e altro, sarebbero effettivamente pronti a gestire l’aumento di volume che questa comporta, la questione si complica e tutti sono concordi nel definire questo “un bel problema da affrontare”.

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Predisporre l’infrastruttura per i picchi di traffico di una campagna virale, considerando la sua intera durata, non è economicamente conveniente. Definire, invece, la scalabilità che si avrà bisogno è un altro discorso, che rende la gestione dell’aumento del traffico più semplice di quanto si pensi. Ecco alcuni esempi pratici di cosa è giusto o sbagliato fare.

GIUSTO: comunicazione e collaborazione tra marketing e IT

Recentemente ho assistito al caso di una grande azienda in Europa il cui team IT stava praticamente chiudendo il sito web a causa della mancanza di coordinamento con il marketing, che proprio in quel momento si trovava nel bel mezzo di una gigantesca campagna email rivolta al mercato asiatico con una call to action estremamente consistente sui social media.
Come si può vedere nel cruscotto accanto, l’IT, che non aveva ricevuto alcuna indicazione dal marketing, era entrato in allarme quando aveva assistito a un improvviso picco di traffico dall’Asia. Da subito aveva pensato a un attacco bot, decidendo di interrompere il flusso del traffico per preservare gli investimenti hardware e garantire la disponibilità per gli altri Paesi. Per fortuna prima di farlo aveva avviato un’indagine ulteriore sulla tipologia di traffico rivolgendosi anche in modo proattivo al marketing. In questo modo aveva scoperto che l’aumento del traffico era il risultato dell’enorme quantità di mail e che era quindi necessario attivarsi in modo che il Content Delivery Network potesse gestire il carico maggiore.

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SBAGLIATO: presumere che un’attenzione maggiore si traduca di per sé in un aumento di fatturato

Nell’esempio citato, dopo lo spavento iniziale dovuto al boom del traffico email, la maturità del team IT ha permesso che il data center evitasse il crash derivante dalla maggiore attività. Ma di per sé, questo è un successo? Le persone del marketing, istintivamente, definirebbero il successo della campagna guardando a Google Analytics o qualcosa di simile, come Constant Contact, e considerando, ad esempio, i tassi di apertura delle mail, l’aumentano delle sessioni/visite o il tempo trascorso sul sito. Ma la vera domanda è: gli utenti hanno effettivamente completano l’azione desiderata, il tasso di conversione è effettivo? Cosa succederebbe all’ analisi “costo per ogni lead” se l’IT presentasse al marketing il conto dal punto di vista del servizio CDN o dell’hardware aggiuntivo richiesto per gestire l’aumento del traffico?

GIUSTO: pianificare il successo e scalare in modo intelligente

La risposta alle domande precedenti è proprio nella capacità di pianificare a partire da dati oggettivi. Se i sistemi fossero condivisi tra marketing e IT tutto sarebbe più semplice!
Le informazioni sulle prestazioni dell’applicazione e dell’infrastruttura ottenute dal team delle IT operation potrebbero colmare una lacuna considerevole per il marketing in termini quantitativi, rispetto alle ricerche sugli utenti e alle analisi dei social media. Il monitoraggio omnicanale, in questo contesto, è un punto di partenza prezioso. Ne è un esempio il grafico dei dati qualitativi / infrastrutturali presentato qui sotto, che mostra il cruscotto attraverso il quale le persone del marketing possono visualizzare i trend mobile, le app mobile e web e analizzare il comportamento degli utenti in tempo reale. Un approccio estremamente diverso dalle indagini qualitative degli utenti che sono spesso reattive, basate su sottoinsiemi di utenti campione e presentate come silos multicanale. Tramite la stessa schermata l’IT può prendere decisioni fondamentali sull’infrastruttura di supporto.
Diventare “virali” ha senso solo se si può prevedere il comportamento dei clienti che spesso seguono un percorso non pianificato. Siete pronti ad analizzare e gestire insieme all’IT anche questo cambiamento.

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In conclusione, se è vero che non tutte le campagne di viral marketing vi porteranno al successo, è altrettanto vero che è possibile e necessario prepararsi adeguatamente, gestendo fin da subito la scalabilità che comporteranno.
La cosa peggiore che può accadere alla vostra campagna è che 15 minuti di successo si traducano in un ricordo negativo, come un crash del sito, la lentezza del caricamento e i vari malfunzionamenti. Sul fronte opposto, dato che il responsabile IT sostiene i costi per adeguare le risorse IT a supporto della campagna digitale, si rivelerà fondamentale anche poter scalare rapidamente verso il basso quando il picco virale sarà finito.