Più si vive in alto più i rischi di non sopravvivere ad un attacco di cuore aumentano: una ricerca canadese mette in luce i pericoli nascosti dei grattacieli

Se questi edifici slanciati e hi-tech rendono affascinante lo skyline di molte metropoli, prima di decidere di vivere in un grattacielo bisognerebbe fare i conti con tutti i rischi che questo comporta. Stavolta non si parla di vertigini o di pressione, ma a preoccupare sono i tempi di soccorso che, nei casi di emergenze sanitarie come un attacco cardiaco, si allungano e possono essere fatali. Ad evidenziarlo è uno studio condotto a Toronto nella regione del Peel, da cui è emerso che i tassi di sopravvivenza diminuiscono quanto più in alto è il piano in cui si abita.
I dati parlano chiaro: oltre il 25esimo piano nessun sopravvissuto fra gli 8.126 casi esaminati. Si tratta di persone adulte che hanno subito un arresto cardiaco extraospedaliero tra gennaio 2007 e dicembre 2012, con primo intervento dopo chiamata al numero di emergenza.

Barriere architettoniche e distanze troppo lunghe

I motivi che complicano le situazioni di emergenza mettendo a rischio la vita delle persone coinvolte sono essenzialmente legati alla struttura dei grattacieli: “Il nodo dell’accesso all’edificio, il ritardo causato dagli ascensori”, spesso intasati, “e dalle distanze più ampie fra il mezzo di emergenza e il luogo dell’intervento, sono tutti fattori che possono contribuire a un allungamento dei tempi necessari per raggiungere il paziente e cominciare le manovre salvavita”, spiega Ian Drennan, autore principale dello studio pubblicato sul ‘Canadian Medical Association Journal’.

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Fondamentale il primo soccorso

Un ruolo determinante è svolto anche dalle barriere architettoniche, che “possono fare la differenza fra la vita e la morte anche l’avvio immediato di manovre rianimatorie da parte di presenti e l’uso di un defibrillatore automatico esterno eventualmente disponibile nelle vicinanze”, spiega Drennan.

Purtroppo solo il 30% delle vittime di arresto cardiaco riceve in tempo il primo intervento di soccorso, che è spesso fondamentale per garantire la sopravvivenza. Ecco perché lo studio fa una serie di raccomandazioni, la necessità di migliorare l’accesso ai defibrillatori, installandoli anche ai piani superiori o negli ascensori. Si ipotizza anche di dare ai paramedici delle chiavi universali per l’accesso esclusivo a determinati ascensori. Una ricerca che illumina quindi su dati oggettivi, lasciando ora alle autorità competenti la responsabilità di prendere precauzioni per migliorare la sicurezza all’interno di queste strutture.