IBM: vincere le sfide dell’hybrid IT

Le tecnologie, le competenze e l’esperienza di IBM al servizio delle aziende per l’IT “bimodale”

«Senza dubbio oggi l’IT “bimodale” o “hybrid” costituisce la nuova normalità dell’IT, in quanto attiene alle due leve fondamentali della digital transformation che si sta affermando negli ultimi tempi: da un lato la trasformazione dell’IT e, dall’altro, la digital business transformation, in cui si crea una nuova catena del valore», esordisce Stefano Rebattoni, general manager Global Technology Services di IBM Italia. In questo scenario, il minimo comune denominatore è che il valore non risiede più esclusivamente nella fisicità delle infrastrutture di proprietà, quanto nella condivisione delle risorse, secondo le modalità del cloud. «La chiave di volta è stabilire la migliore combinazione, tenendo presente le due velocità: la steady speed dettata dalla necessità di manutenzione ed evoluzione dell’IT tradizionale, cioè del mondo legacy, e la fast speed, ovvero la rapidità richiesta all’IT per realizzare nuovi servizi capaci di generare profitto», prosegue Rebattoni. In altre parole, gestire l’IT esistente e fare innovazione comporta la realizzazione e la governance di ambienti che integrano l’IT tradizionale in azienda con i cloud pubblici e privati. Le tecnologie e le soluzioni di IBM, unite alle competenze ed esperienze nell’ambito dei servizi di integrazione e di gestione dell’IT, possono aiutare i CIO ad affrontare le nuove sfide poste dal nuovo scenario.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Le principali sfide dei CIO

Di fronte a queste nuove logiche, il responsabile della divisione GTS di IBM Italia identifica alcune delle  sfide principali per i CIO di oggi: «Una prima sfida è quella di agire da catalizzatori verso i colleghi C-level, mostrando leadership nel promuovere l’innovazione e la collaborazione tra pari nel percorso verso la business transformation. In secondo luogo avere una chiara visione sul percorso di trasformazione digitale ed essere attore principale di questo percorso. Inoltre i CIO devono pensare e operare sempre più con modalità da start up, spogliandosi dei punti di vista consolidati per sperimentare e promuovere una cultura “Agile”. Un’altra sfida riguarda infine le competenze, perché passare da un’IT tradizionale a uno ibrido richiede un set di competenze nuovo, sia verso l’interno sia verso l’esterno dell’azienda».

Leggi anche:  Il Gruppo Dylog acquisisce la maggioranza di Edist Engineering

I rischi e i vantaggi

«Si tratta di un percorso che comporta alcuni rischi», prosegue Rebattoni, «come il fattore tempo, legato alla capacità di progettare un ambiente IT nuovo con una chiara tempificazione delle azioni necessarie per mettere in pratica il disegno nel breve e nel medio periodo; le competenze, che devono essere nuove e integrate con l’ecosistema, e la sicurezza, perché la smaterializzazione delle infrastrutture impone nuovi approcci per una security che sia sempre più completa e trasversale». Ma il nuovo ambiente di hybrid IT comporta anche benefici, che si possono identificare con tre livelli di obiettivi: «Il primo obiettivo è quello dell’efficienza e flessibilità, per fare meglio con maggiore produttività; il secondo è quello di abilitare nuovi modelli di business e di crescita, che prevedano anche relazioni di integrazione tra clienti, partner e fornitori. Infine, il terzo obiettivo attiene all’Internet of Things e al cognitive computing, le cui promesse vedono in questo 2016 un anno decisivo per la loro realizzazione», conclude Stefano Rebattoni.