L’Availability Report 2016 di Veeam rileva un aumento dell’Availability gap

Lo studio illustra un’allarmante divergenza tra le aspettative degli utenti e l’abilità dell’IT di garantire la continuità di business (Always-On Enterprise) 24/7, con una crescita di episodi di downtime e della loro durata rispetto al 2014.

Con l’obiettivo di misurare lo stato dell’arte della continuità di business garantita dalla tecnologia, la nuova ricerca commissionata da Veeam Software – l’innovativo fornitore di soluzioni per la Availability for the Always-On Enterprise – illustra chiaramente che le aziende ancora non prestano sufficiente attenzione alle esigenze dei propri utenti, nonostante i numerosi e gravi episodi di downtime accaduti durante lo scorso anno.

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Giunto alla quinta edizione, il Veeam Availability Report mostra come l’84% dei responsabili IT (ITDMs) di tutto il mondo, il 2% in più rispetto al 2014, ammetta di soffrire di un ‘Availability Gap’, ovvero di un divario tra ciò che l’IT può offrire e le richieste degli utenti in termini di disponibilità di dati e applicazioni. Ciò costa alle aziende fino a 16 milioni di dollari l’anno in perdite di fatturato e di produttività, e provoca un impatto negativo sulla fiducia dei clienti e sull’integrità del marchio (in particolare secondo il 68% e 62% degli intervistati). Tale cifra è aumentata di 6 milioni di dollari in soli 12 mesi, nonostante quasi tutti gli intervistati abbiano dichiarato di aver messo in atto misure tese a ridurre incidenti legati alla disponibilità di dati e applicazioni e di aver classificato come mission-critical il 48% di tutti i carichi di lavoro (nel 2017 salirà fino al 53%).

A seguito dell’impennata del numero di utenti connessi, attestatosi a livelli record lo scorso anno con 3,4 miliardi di persone, ovvero circa il 42% del globo, e con previsioni che parlano di quasi 21 miliardi di dispositivi connessi entro la fine del 2020, la necessità di fornire l’accesso 24/7 ai dati e alle applicazioni è di primaria importanza.

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Tuttavia, sembra che le aziende non abbiano recepito appieno questo cambiamento, nonostante più dei due terzi degli intervistati abbia dichiarato di aver investito fortemente sulla modernizzazione dei data center proprio per aumentare i livelli di disponibilità.

“Avendo coinvolto oltre 1.000 ITDMs ci aspettavamo che ce ne fossero solo alcune ancora in affanno nel soddisfare i bisogni dell’Always-On Enterprise – ossia di un’impresa che opera 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e 365 giorni all’anno. In realtà i risultati che abbiamo rilevato sono ben più allarmanti,” afferma Ratmir Timashev, CEO di Veeam. “Le aziende moderne stanno convergendo verso un business software-driven, pertanto i dipartimenti IT non possono accontentarsi di fornire servizi di livello “sufficiente”, oggi la disponibilità dei dati e applicazioni always-on è di primaria importanza. Tuttavia, nell’ultimo anno dal nostro studio, il numero di eventi annuali di downtime non pianificati è aumentato (da 13 a 15), e hanno una durata maggiore, prima di ripristinare la normale operatività passa molto tempo. Nell’economia di oggi, dove velocità e affidabilità sono imprescindibili per la gestione del business, è impossibile accettare che ciò avvenga. Occorre mettere in atto quanto prima un’inversione di tendenza, per preservare il business di tante aziende, anche di quelle coinvolte nel nostro sondaggio”.

Di seguito, alcuni dei principali risultati del Veeam Availability Report 2016:

L’Availability è di fondamentale importanza, eppure numerose aziende non sono pronte

·         Gli utenti esigono supporto in tempo reale per le operazioni (63%) e l’accesso globale 24/7 ai servizi IT a supporto del business di livello internazionale (59%)

·         Le principali caratteristiche necessarie per la modernizzazione dei data center sono il ripristino ad alta velocità (59%) e l’eliminazione della possibilità di perdita dei dati (57%). Tuttavia, costi e mancanza di competenze inibiscono il cambiamento.

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·         Nel corso degli ultimi due anni le aziende hanno aumentato i requisiti di livello di servizio per ridurre al minimo i tempi di downtime delle applicazioni (96%) o per garantire l’accesso ai dati (94%). Ciononostante l’Availability Gap rimane.

·         Gli intervistati hanno dichiarato che le loro aziende stanno modernizzando il data center o hanno intenzione di farlo in un prossimo futuro. Virtualizzazione (85%) e backup (80%) sono tra le aree più comuni da aggiornare a questo proposito.

Dati a rischio

·         SLA per i recovery time objective (RTOs) sono stati fissati a 1,6 ore, ma gli intervistati ammettono che in realtà il ripristino impiega 3 ore. Allo stesso modo, gli SLA per recovery point objective (RPOs) sono di 2,9 ore, mentre il tempo effettivo è di 4,2 ore. Gli intervistati riferiscono che presso la propria azienda, in media, avvengono 15 episodi di downtime non pianificati all’anno, 2 in più in confronto alla media dei 13 segnalati nel 2014. Inoltre la durata del downtime non pianificato delle applicazioni mission-critical è aumentata da 1,4 ore a 1,9 ore anno su anno, mentre per le applicazioni non mission-critical la durata del downtime è passata da 4 a 5,8 ore.

·         Poco meno della metà delle aziende intervistate esegue test di backup su base mensile, o anche meno frequentemente. Tra un test e l’altro vi sono pause piuttosto lunghe che aumentano le probabilità di riscontrare problemi quando si ha bisogno di recuperare i dati – a quel punto potrebbe essere troppo tardi. Infine, tra le aziende che testano i propri backup, solo il 26% ne testa più del 5%.

L’impatto “finanziario” è notevole

·         Annualmente il downtime può costare alle aziende fino a 16 milioni di dollari. Si tratta di un aumento di 6 milioni di dollari rispetto alla stima del 2014.

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·         Il costo medio per un’ora di downtime per un’applicazione mission-critical è poco meno di $ 80.000. Il costo medio per ora di perdita di dati derivante da tempi di downtime per un’applicazione mission-critical è poco meno di $ 90.000. Quando si tratta di applicazioni non mission-critical, il costo medio orario è più di $ 50.000 in entrambi i casi.

·         Perdita di fiducia dei clienti (68%), danni al brand aziendale (62%), perdita di fiducia dei dipendenti (51%) sono le prime tre conseguenze non finanziarie di questo fenomeno.

“E’ facile pensare che questa indagine dipinga un quadro negativo, tuttavia ci sono anche elementi per cui rimanere ottimisti”, ha aggiunto Timashev. “Quasi tre quarti delle aziende riconoscono di avere aree che devono essere migliorate e intendono farlo nei prossimi 6/12 mesi. Non è sempre facile trovare i fondi per investire sulle infrastrutture, ma c’è la convinzione che deve essere fatto. Stiamo notando che varie aziende iniziano a capire l’importanza di soluzioni di Availability, ed in particolare del ruolo che il cloud e i servizi cloud-based come Disaster Recovery as a Service (DRaaS) possono rivestire. Le aziende riconoscono la necessità di un funzionamento Always-On e di operazioni sempre disponibili e sono certo che presto gli utenti vedranno questa esigenza tramutarsi in realtà al più presto”.