L’intelligenza di una persone sarebbe inversamente proporzionale al numero di amicizie che ha

E’ quanto emerso da uno studio condotto da due psicologi evoluzionisti, Satoshi Kanazawa della London School of Economics e Norman Li della Singapore Management University, che ribaltando il luogo comune secondo cui alimentare molte relazioni sociali migliori la qualità della vita.

“Meglio soli che mal accompagnati”

I ricercatori sono convinti che l’uomo nell’era contemporanea abbia sviluppato un sistema sociale che domina la nostra concezione di felicità, improntato sulla cosiddetta “teoria della savana”: il comportamento umano rimasto ancorato all’ambiente ancestrale dei primi Homo Sapiens ha la tendenza ad entrare in conflitto con quello moderno. Avvalendosi dei dati ricavati da uno studio su un campione di persone tra i 18 e i 28 anni, i due psicologi hanno applicato la teoria della savana per rilevare il livello di soddisfazione degli intervistati. La ricerca ha tenuto conto soprattutto di due fattori di diversità rispetto alla vita primitiva: la densità di popolazione e la frequenza di interazione con gli amici. E’ emerso che il grado di soddisfazione minore apparteneva alle persone che vivono in zone più abitate, con un’elevata concentrazione di persone. Inoltre se è vero che una persona in media è più felice se riesce ad avere un rapporto stretto con un’altra, questo non vale per chi è più intelligente. Le persone definite ‘estremamente intelligenti’, che hanno un’interazione sociale frequente, risultano le meno soddisfatte. Un altro recente studio ha dimostrato che avere troppe amicizie su Facebook risulta complicato e poco gestibile: troppi amici online danno alla testa.

La spiegazione nei nostri antenati

“Gli individui con un quoziente intellettivo più alto della media, che si trovino a frequentare con regolarità i loro amici, sono meno soddisfatti della propria vita”, hanno spiegato gli studiosi. Diradando invece gli incontri e le relazioni sociali, cresce il loro appagamento. La spiegazione di questa sorta di anomalia comportamentale, secondo i due psicologi è da ricercarsi nei nostri antenati.

“I nostri antenati vivevano di caccia e raccolto ed erano organizzati in piccoli gruppi di circa 150 individui. In questo contesto, avere frequenti contatti con amici o conoscenti era necessario per la sopravvivenza e la riproduzione. Il quadro è cambiato quando i gruppi hanno iniziato a crescere: gli individui con un quoziente intellettivo più alto avevano meno bisogno di contare sul prossimo per problemi legati alla caccia o alla cura dei propri bambini. Riuscivano ad adattarsi al cambiamento senza dover far affidamento sugli amici.”

Spiegazione più pragmatica è quella di Carol Graham, ricercatrice del Brookings Institution: le persone più intelligenti sono meno inclini a trascorrere molto tempo con gli amici, perché concentrate di più sui propri obiettivi e sulla propria vita.

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