Da una ricerca americana arriva il test del sangue per diagnosticare il trauma cranico

Il trauma che interessa la calotta cranica è molto più comune di quanto si pensi, soprattutto tra i giovani che praticano sport da combattimento o che prevedono contatto fisico come il football americano; frequenti sono anche gli incidenti domestici o anche banali giochi tra adolescenti finiti male. In inglese vengono definiti BI (Traumatic Brain Injuries), ovvero ferite traumatiche al cervello, ovvero trauma cranico.

Quando tutto va apparentemente bene

Il trauma è determinato dallo scuotimento della materia molle del cervello che sbatte sulle ossa del cranio e si gonfia, creando lividi interni che soffocano l’attività cerebrale. Può captare anche che si rompano dei vasi sanguigni, sviluppando l’emorragia. Di solito il sintomo più comune da valutare per capire la gravità del trauma è lo stato di coscienza del soggetto: una perdita di conoscenza per un periodo prolungato è indice che c’è stata una compromissione del cervello. Tuttavia non sempre c’è uno svenimento immediato, può capitare infatti che il soggetto perda coscienza dopo alcuni minuti, facendo credere che non sia avvenuto niente di grave, quando invece dopo poche ora si ritrova in coma a causa dei danni subiti al cervello.

Un esame di emergenza

Lo studio americano si è proposto di lavorare sulla diagnosi precoce del trauma interno, attraverso l’analisi del sangue. L’idea è quella di riavere due biomarcatori, proteine che compaiono solo in caso di trauma grave, monitorandone la presenza e i livelli per determinare la gravità del trauma, soprattuto nei casi in cui il paziente sta apparentemente bene. La ricerca su 584 pazienti traumatizzati ha evidenziato che nei campioni di sangue prelevati a 4 ore dall’evento traumatico si notava un aumento delle proteine GFAP e UCH-L1. Si tratta di un esame di emergenza, che non va a sostituire esami più specifici. Se nel sangue della persona che ha subito un trauma si evidenziano le due proteine in eccesso, è meglio ricoverarla preventivamente per evitare emorragie successive. Una recente ricerca ha messo  in correlazione i traumi cranici con il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer con l’avanzare dell’età.

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