Perché l’FBI ha sbloccato un altro iPhone

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Un altro caso che farà discutere: il Dipartimento di giustizia ha ottenuto l’accesso ad un altro smartphone valicando la sicurezza di Apple

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Forse alla fine Apple aveva ragione. A circa un mese di distanza dallo sblocco dell’iPhone 5C utilizzato dal terrorista della strage di San Bernardino, l’FBI ci ha preso gusto, violando un altro iPhone. Questa volta si tratta di un cellulare appartenuto ad un indagato per traffico di droga a New York, sul cui telefono pendeva già una richiesta di intervento alla multinazionale hi-tech da parte dei federali. Dopo una serie di rinvii e dinieghi, la polizia ha deciso di proseguire un’altra volta da sola nell’ottenere la via di accesso al terminale, proprio come fatto nel caso di Syed Farook.

Cosa è successo

“Non ci bastano più le intercettazioni telefoniche. In passato un giudice poteva permettere alla polizia di capire dove e quando i criminali avrebbero colpito. Ora brancoliamo nel buio più totale e il brutto è che i cattivi lo sanno. Si tratta di una situazione che non dipende dalla volontà delle autorità, di un tribunale o di un sistema legislativo. Tutto è nelle mani delle grandi corporazioni come Apple e Google”. In questo modo Thomas Galati, a capo dell’Intelligence della polizia di New York ha giustificato il ricorso dell’FBI ad un aiuto terzo per lo sblocco di un iPhone inserito come prova in un caso per traffico di droga nella metropoli statunitense. Non è chiaro se anche questa volta ci siano di mezzo i grey hat, hacker pagati per bucare il sistema mobile di Cupertino, resta il fatto che adesso l’FBI si sente tutto il diritto di ottenere un accesso privilegiato agli smartphone che considera importanti per un’indagine utilizzando qualsiasi mezzo a disposizione.

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