Craig Wright è il creatore dei Bitcoin

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Nel 2009 la prima transazione è avvenuta grazie a Satoshi Nakamoto, un account misterioso che sembra aver trovato soluzione

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Sono stati tanti, negli anni, gli indiziati al ruolo di Satoshi Nakamoto. Il nome potrebbe non rappresentare nulla per chi non conosce molto il mondo dei bitcoin, mentre per tutti gli altri è il deus ex-machina della rivoluzione economica che viaggia sulle reti del digitale. Nel 2009 avviene la prima transazione ufficiale su piattaforma Bitcoin; si tratta della possibilità di scambiare una valuta fatta di bit tra due utenti, utilizzando chiavi di crittografia uniche e tracciabili all’interno dell’ecosistema della moneta, ma prive di un’indicazione in chiaro degli utenti che hanno partecipato all’operazione. Non un vezzo, quello dell’anonimato, ma una necessità in un’epoca in cui anche prelevare dei soldi al bancomat può nascondere rischi evidenti. I bitcoin, sotto un certo punto di vista, anticipano alcune esigenze scaturite qualche anno più tardi a seguito del Datagate.

Anonimato come formula vincente

La caratteristica dell’anonimato delle transazione è solo uno dei vantaggi nell’utilizzo dei bitcoin. Un altro è la decentralizzazione della valuta da enti o banche centrali. Il segreto è la blockchain, la catena di valore che fa sia da archivio per tutte le operazioni portate a termine (e quindi validate) sulla piattaforma che da bilancia per la valutazione della criptomoneta, che ad oggi è nel rapporto 1:390 rispetto all’euro. Ma torniamo a Craig Wright. Ieri l’imprenditore australiano ha rivelato tramite la BBC la sua identità, riconoscendo la paternità del nickname di Sakamoto, a cui negli anni scorsi erano stati accostati prima Dorian Nakamoto e poi Hal Finney, scomparso il 28 agosto del 2014. Che ci sia davvero lui dietro la nascita dei Bitcoin è vero per metà. Probabile che Wright abbia ricoperto un ruolo di assoluto rilievo nello sviluppo della rete ma le ricerche precedenti avevano ammesso certe implicazioni anche degli altri due candidati. Un solo nick per tre dunque, a cui ricollegare uno dei trend più contraddittori nell’epoca della web economy.

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