Uno studio dell’Università di Cambridge rivela che le donne hanno il doppio di probabilità di subire attacchi di ansia rispetto agli uomini

Ad affermarlo è una ricerca che ha analizzato e confrontato tra loro 48 report scientifici, realizzati in diversi paesi tra il 1990 e il 2010.

L’ansia compromette le relazioni sociali

In particolare lo studio ha messo in luce come alcuni stati d’animo come la paura e la tendenza a evitare situazioni potenzialmente stressanti come gli incontri sociali, sono preoccupazioni tipiche soprattutto della personalità femminile, tratti caratteriali che impediscono spesso di vivere serenamente il quotidiano. Del resto è stato dimostrato come ansia e paura vengano attivate dal cervello da un interruttore in comune: capire come “spegnerlo” potrebbe portare a eliminare fobie patologiche.

“Il disturbo d’ansia può rendere la vita estremamente difficile. Per questo è importante capire quanto sia comune e quali siano le persone a più alto rischio”, ha dichiarato Olivia Remes, autrice dello studio pubblicato sulla rivista Brain and Behaviour.

Secondo una ricerca canadese l’ansia andrebbe a braccetto con l’intelligenza: chi pensa troppo e vive in modo apprensivo, preoccupandosi costantemente degli eventi, avrebbe quindi facoltà cognitive maggiormente sviluppate rispetto alle persone che vivono serenamente.

I periodi più a rischio

Lo studio evidenzia anche che l’ansia tende ad acuirsi nel periodo immediatamente successivo alla gravidanza e può aumentare in presenza di altre malattie, presentando differenze a seconda del genere anche in questo caso: un adulto su dieci affetto da problemi di cuore ha dovuto lottare contro ansia generalizzata, ma le donne risultano colpite quasi il doppio degli uomini.

Anche i giovani sotto i 35 anni anni registrano livelli d’ansia sproporzionati rispetto alle tendenze generali, accentuati dall’instabilità economica, lavorativa e familiare che caratterizzano questa età.

Dallo studio emerge inoltre che le donne sotto i 35 anni, nordamericane o europee, sono destinate a convivere con questa condizione mentale, a cui devono rassegnarsi. Ma la Remes considera questa ricerca come il primo passo verso interventi più efficaci per impedire che l’ansia condizioni negativamente la vita delle persone.

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