Gli effetti del fumo lasciano una firma persistente nel Dna umano

Anche chi ha smesso di fumare da 30 anni presenta ancora un’impronta nel Dna del brutto vizio che ad oggi accomuna quasi un miliardo di persone ed è causa di oltre 40 patologie.

E’ quanto emerge da una ricerca americana pubblicata su Circulation: Cardiovascular Genetics, rivista scientifica dell’American Heart Association.

Gli studiosi hanno analizzato 16mila campioni di sangue confrontando il genoma di fumatori, ex fumatori e persone che non avevano mai fumato, concentrandosi su particolari modificazioni epigenetiche del DNA: la metilazione del DNA, uno dei meccanismi che regolano l’espressione dei geni.

Impatto di lunga durata

Ne è emerso che la metilazione del DNA associata al fumo di sigaretta interessava oltre 7mila geni, ovvero un terzo di tutti i geni noti. Queste modifiche determinano un cambiamento dell’attività genetica, che riguarda soprattutto i geni associati a molte malattie determinate dal fumo di sigaretta come quelle cardiovascolari e alcuni tipi di tumore.

Dopo 5 anni dall’ultima sigarette, negli ex fumatori le modificazioni epigenetiche erano scomparse, ma non in tutti i casi: alcune persistevano anche 30 anni dopo aver smesso.

Lo studio dimostra quindi che il fumo ha un impatto sull’organismo umano che in alcuni casi può durare decenni, anche se, come sottolinea uno dei ricercatori proveniente dall’Harvard Medical School di Boston (USA), le “impronte” del fumo sul DNA scompaiono nella maggior parte dei casi dopo aver smesso.

Ricordiamo che un altro studio in precedenza aveva messo in luce l’influenza del fumo sul codice genetico, in particolare altererebbe il Dna dell’uomo cancellando il cromosoma Y.

Modifiche epigenetiche

«Diverse ricerche avevano guardato ai danni causati dal fumo sul DNA. In questo caso i ricercatori hanno guardato alle modificazioni epigenetiche, ovvero a quelle variazioni del DNA che non dovrebbero essere ereditabili e che chiamano in causa la capacità dell’ambiente di regolare il genoma», spiega il dottor Paolo Vezzoni, ricercatore del CNR e direttore del Laboratorio di Biotecnologie Mediche dell’ospedale Humanitas.

«Sappiamo che ogni cellula esprime solo alcuni geni. Per farli esprimere o meno va incontro a delle modificazioni epigenetiche. In questo processo possono intervenire alcuni fattori ambientali che farebbero esprimere i geni in maniera diversa. Le modifiche indotte dal fumo potrebbero essere associate allo sviluppo di quelle patologie che hanno nel fumo un fattore di rischio».

«Dal momento che stimoli ambientali possono determinare delle modifiche epigenetiche, se uno stimolo dovesse cessare – ad esempio l’esposizione al fumo di sigaretta – probabilmente molti cambi epigenetici potrebbero essere reversibili», conclude lo specialista.

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