Chi ha detto che ai leader fa difetto l’autoironia? Questo manuale pratico per manager colti (Guerini Next) di Paolo Iacci, professore all’Università Statale di Milano ed esperto di cultura d’impresa, rappresenta non solo un buon esercizio per tenere in forma i muscoli della leadership, ma anche per analizzare vizi e virtù di uomini d’impresa, alla luce di una molteplicità di rimandi alle fonti più diverse, dalla Bibbia ai grandi maestri del Rinascimento italiano, passando per i grandi imperatori romani, gli assiomi della Legge di Murphy, favole e storielle ebraiche.

Ma se l’intelligenza è quando ti accorgi che il ragionamento del tuo principale non fila e la saggezza, quando eviti di farglielo notare, forse questo manuale non è consigliabile ai teneri d’audacia e poveri d’iniziativa. Del resto, scrive Iacci, «la crisi accorcia e schiaccia l’orizzonte personale delle strategie personali. Oggi, a differenza del passato, si è perduta l’idea di futuro». Tra strade misteriose e cammellieri, in questo percorso alla ricerca del senso perduto nelle scelte che si compiono nelle grandi organizzazioni, Paolo Iacci mette in fila dalla A alla Zeta i temi più attuali della trasformazione dei ruoli aziendali e dei rapporti di potere e lo fa con la lente dotta del professore, ma anche con l’arma dell’ironia e del paradosso.

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Così lungo le strade del ritorno, si possono fare incontri interessanti e scoprire che le ragioni della delocalizzazione sono ormai superate dalla complessità di supply chain difficili da controllare. Alla voce “G come Governance”, troviamo anche una postilla sulla stupidità, che dentro e fuori le aziende, «è la più grande forza distruttiva da cui sia stato mai afflitto il genere umano». Chi si occupa di governare le imprese è da sempre alla ricerca di leggi generali in grado di spiegare come funzionano le organizzazioni. Ma attenzione, avverte Iacci, nell’epoca della comunicazione globale, qualsiasi sciocchezza, se ripetuta abbastanza spesso, diventa all’apparenza «una verità indiscutibile». E quando si parla di mantra, al primo posto troviamo la parola «innovazione», ripetuta in tutti i contesti e svuotata di significato nel tentativo di cercare una soluzione alla crisi che non passa. Forse, come sembra suggerire l’autore, varrebbe la pena di «trovare, smettendo di cercare», affidandosi alla guida di «padri» capaci di tracciare se non un «sogno», almeno un progetto ampio o, se non altro, una via retta fino alla meta.