Campagna hacker contro i politici USA: c’è l’accusa alla Russia

Gli Stati Uniti hanno ufficialmente puntato il dito contro il governo di Mosca per le recenti violazioni ai server di politici e partiti. Obiettivo? Destabilizzare i cittadini

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Il più vasto è quello del Democratic National Committee ma di database finiti nelle mani degli hacker, riguardanti persone e organizzazioni interessate al voto presidenziale, ce ne sono diversi. Che la provenienza degli aggressori fosse russa era molto probabile, anche se Washington non si era mai spinta oltre le supposizioni, per evitare un irrigidimento dei rapporti a poche settimane dal voto. Ma aspettare ancora non sarebbe servito a nulla anzi, le cose sarebbero peggiorate ulteriormente, almeno per i cittadini. Ecco allora l’accusa: a rubare dati e informazioni private sono stati criminali russi, ora è certo.

I fatti

A dirlo sono il Dipartimento di sicurezza nazionale e il Direttore dell’intelligence sulla sicurezza delle elezioni, che hanno fatto un passo importante oltre la retorica della diatriba tra i due stati, spesso accusati vicendevoli di operazioni di cybercrime. “La comunità di Intelligence americana – spiegano dagli USA – può affermare con sicurezza che il governo russo è l’artefice dei recenti attacchi volti a ottenere le email di soggetti e istituzioni ufficiali, incluse quelle governative”. Il comunicato inviato dalle autorità spiega come Mosca abbia voluto screditare il sistema politico americano in vista delle elezioni, con le stesse modalità utilizzate altre volte nell’Europa dell’Est. “I furti e le rivelazioni diffuse hanno l’obiettivo di interferire con il processo di voto. I russi hanno usato una tattica simile altrove per influenzare l’opinione pubblica”.

Non è ben chiaro dove volesse arrivare Mosca ma non è un segreto che Putin abbia un debole per Trump e le sue idee quasi filo-sovietiche. Non si può però affermare che gli hacker volessero avvantaggiare il magnate, almeno non in maniera diretta anche se sottrarre e veicolare in rete la posta dei democratici poteva sortire un effetto benefico per la corsa del repubblicano alla Casa Bianca.

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Anche Trump nel mirino

Ma è una medaglia dalla doppia faccia: gli stessi hacker avrebbero facilitato la pubblicazione del video risalente al 2005 in cui Donald Trump usa parole forti per descrivere in che modo una persona famosa come lui può ottenere “qualunque cosa” da una donna. Insomma, un calderone in cui finiscono tutti.

Ma oltre a cercare di dirigere le preferenze degli americani, gli aggressori non possono fare nient’altro. Il Dipartimento di sicurezza ha infatti chiarito che nessun intruso potrebbe mai compromettere l’esito dello scrutinio: “Le macchine non sono connesse a internet e ci sono numerosi controlli e validazioni che vengono svolte a più livelli, in aggiunta a una supervisione accurata dell’intero processo di voto”.