I medici lanciano l’appello: no alle diagnosi fai da te sull’intolleranza al glutine

Le proteine alimentari responsabili di intolleranze che causano irritazioni intestinali sono sempre di più: non è solo il glutine ad essere incriminato, ci sono anche le proteine del grano. A complicare le cose, secondo i medici, c’è il boom di autodiagnosi che ha preso piede soprattutto in alcuni Paesi come gli Stati Uniti dove la percentuale di persone che utilizzano una dieta senza glutine è salita dallo 0,52% all’1,69%. A questo non corrisponde però un aumento della popolazione colpita da malattie autoimmuni, che è passata dallo 0,6 allo 0,8%.

L’allarme è stato lanciato dalla Società italiana Gastroenterologia (Sige) che invita a «rivolgersi sempre allo specialista e a lasciare da parte il ‘fai-da-te’, che può rivelarsi pericoloso».

L’utilizzo compulsivo di Internet per cercare informazioni di natura medica non aiuta: sul web sono tutti esperti di tutto e le autodiagnosi sono ormai una prassi per molte persone.

Quando ci si autodefinisce “intolleranti al glutine”

«Quando non ci sono gli elementi per far diagnosi di celiachia ma la persona riferisce che i suoi sintomi sono alleviati o scompaiono a dieta senza glutine, questa persona si auto-definisce ‘intollerante’ al glutine o affetto da ‘sensibilità al glutine di tipo non celiaco’», spiega Carolina Ciacci, ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Salerno. Bisogna comunque distinguere sempre tra celiaci reali e quelle persone sensibili al glutine che si auto-diagnosticano come celiaci. I primi sarebbe opportuno che fossero seguiti da un medico.

E’ inoltre importante fare una distinzione tra intolleranza al glutine e celiachia, per la quale esisterebbe una predisposizione genetica: molti, pur non essendo affetti da celiachia,la cui insorgenza è aumentata di ben 5 volte nei bambini, rinunciano a mangiare cibi contenenti glutine trascinati dalla moda del momento o spesso solo per cattiva informazione.

I celiaci non stanno aumentando

Uno studio di ricercatori americani condotto su oltre 22mila persone seguite per il National Health and Nutrition Examination Survey dal 2009 al 2014, ha accertato che la percentuale di pazienti celiaci nella popolazione in realtà non sta aumentando. Infatti per le 22mila persone sottoposte ad un test per la celiachia, la prevalenza della malattia è rimasta stabile attorno allo 0,7%.

Eppure la dieta gluten-free anche in assenza di celiachia è aumentata dallo 0,5 per cento del 2009-2010 all’1,7 per cento del 2013-2014, triplicando nell’arco di cinque anni. “

Le due tendenze potrebbero essere in qualche modo legate – dice l’autore, Hyun-seok Kim della Rutgers Medical School del New Jersey – un elevato consumo di glutine è infatti un fattore di rischio noto per lo sviluppo di celiachia, perciò il calo dei consumi potrebbe aver portato al raggiungimento di una sorta di plateau di casi”.

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