Next generation network. Quale timone per le nuove reti?

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Il grande interesse e il relativo business, che si sono creati intorno alle architetture e tecnologie cloud, stanno facendo riflettere sulle logiche e i processi aziendali che gravitano intorno all’ICT e quindi anche sul tema della gestione e dei relativi costi

 

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Ponendo l’attenzione in particolare sulle reti medio-grandi di tipo “enterprise”, cerchiamo allora di verificare come stia cambiando anche il loro governo, a fronte dello sviluppo impetuoso delle tecnologie di virtualizzazione innovative. è stimolante cominciare ad analizzare questo scenario comunque complesso, attraverso alcune considerazioni molto interessanti che ci provengono da IDC. Il “Big Bang” dei dati e la proliferazione dei device stanno caratterizzando il nostro tempo, come si evince da alcuni dati salienti. «Entro il 2018 – ci spiega Daniela Rao, research & consulting senior director di IDC Italia – i device connessi a Internet arriveranno all’incredibile cifra di otto miliardi nel mondo, le persone connesse alla grande Rete raggiungeranno quasi i quattro miliardi, raddoppierà la spesa per gli acquisti online e aumenterà del 50% il numero delle ore mensili online di ciascun utente, in modo particolare quelli mobili».

Si tratta di una crescita veramente imponente, di cui sono visibili gli effetti nelle nostre piccole azioni quotidiane e soprattutto su tutte le componenti del mondo economico e produttivo. Un’onda inarrestabile che cambia il nostro modo di comunicare, conoscere e lavorare e che apre la strada a nuovi modelli economici dove lo scambio di informazioni online e in tempo reale genera nuovo valore, mentre velocità, semplicità di utilizzo e prezzi contenuti diventano i driver di acquisto di molti beni e servizi. Senza dubbio, è aumentata e accrescerà ancora la complessità degli ambienti tecnologici da gestire, perché reti, sistemi informativi e data center sono e saranno chiamati a svolgere nuovi compiti e a sopportare pressioni crescenti. Come conseguenza di questa pressione, architettura e soluzioni di software defined networking (SDN) – nate (già qualche anno fa) per gestire i flussi di traffico nei grandi data center – ora si stanno diffondendo anche nelle grandi imprese italiane, come strumenti utili per gestire nuove complessità e mantenere il controllo su data center e reti multisede. Complessità che nelle aziende italiane (proprio in base alle survey IDC) è correlata a tre direttrici di sviluppo:

  • mobility & social business: con sempre più utenti, device e applicazioni in circolazione, che generano un forte impatto su infrastruttura tradizionale, connettività, sicurezza e policy, e anche nuovi processi aziendali da tenere sotto controllo;
  • cloud: con progressiva implementazione di ambienti ibridi che crea crescenti preoccupazioni per la sicurezza e la “shadow IT”, imponendo nuovi approcci a valutazioni costi/benefici e modelli make or/and buy;
  • big data & analytics: dove la proliferazione ed elaborazione dati generati da più fonti (individui, oggetti connessi, sensori, sistemi intelligenti…), generano nuovi costi e nuove sfide per comprendere come “trasformarli” in valore per l’azienda.

Complessità e semplificazione

Per i CIO, la complessità della gestione delle infrastrutture è in aumento per gli aspetti progettuali e di sviluppo, mentre con l’adozione di sistemi SDN, dovrebbe invece diminuire, con grandi vantaggi offerti dall’automazione e semplificazione della gestione operativa. Sempre secondo IDC, in prospettiva anche nelle aziende italiane, potremmo assistere a:

  • automazione, virtualizzazione e ottimizzazione che stanno diventando dei “mantra”: il paradigma SDN comincia a diffondersi oltre ai dipartimenti IT e ai data center aziendali, verso l’orizzonte della software defined enterprise, dove i processi “core” aziendali sono controllati ed eseguiti da software e anche l’interazione con il cliente è automatizza e completamente online.
  • tecnologie SDN che cambieranno il modo di lavorare, spingendo alla collaborazione e affrontando la complessità tecnologica con un approccio multidisciplinare. Nelle aziende italiane l’approccio DevOps è già applicato informalmente, ma sono ancora alte le barriere alla riorganizzazione.
  • sicurezza e governance che stanno evolvendo verso policy più aperte alla collaborazione e condivisione degli obiettivi con le altre LOB.
  • network manager in corso di cambiamento di ruolo da gestore dell’infrastruttura tecnologica a “network competence leader”.
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Il tessuto connettivo

Le reti diventano quindi il tessuto connettivo degli ambienti ibridi aziendali. Tecnologie SDN e NFV estese a reti e data center abiliteranno la transizione verso ambienti ibridi e diversificati, la progressiva migrazione del traffico da on-net a off-net (dai data center verso l’edge), la continuità tra risorse on-premise e off-site, proprietarie e di terze parti. SD-WAN (software defined WAN) e cloud-based WAN supporteranno l’estensione e la diversificazione delle reti in contrapposizione a IoT e mobilità: il focus sulla gestione degli asset fisici e sulla virtualizzazione delle reti e delle risorse IT sarà centrale per concretizzare i benefici del paradigma “software defined”. Ma quanto sta cambiando il governo delle reti a fronte dello sviluppo del cloud? E con quali prospettive in termini di business? La prima risposta ci arriva da Alberto Degradi, infrastructure architecture leader di Cisco. «La rete che collegava le sedi e le filiali con il quartier generale e le postazioni con Internet è un ricordo del passato» – ci rammenta Degradi. «E oggi, la rete è fondamentale per connettere innumerevoli dispositivi mobili, oggetti e applicazioni, tra loro e con il web. Per questo motivo gran parte delle organizzazioni IT deve riuscire a destreggiarsi tra la ampiezza e la complessità delle proprie reti, o ancora meglio, ripensare le architetture di rete senza sovraccaricare la connessione e rispondendo alle problematiche di sicurezza.

Risulta più che mai indispensabile un sistema di orchestrazione delle risorse di rete per consentire la gestione e l’automazione dell’infrastruttura. Le soluzioni sviluppate da Cisco con la disponibilità di un controller consentono la creazione di servizi in modo sicuro, avendo conoscenza e visibilità di tutti gli elementi di rete, computing e storage, in modo tale da poter rispondere alle esigenze sempre più crescenti di modellizzazione di servizi erogati in cloud, per applicazioni che siano o meno nativamente cloud. Per esempio, con Cisco Application Policy Infrastructure Controller (Cisco APIC e APIC EM) si hanno automazione e accesso centralizzato a tutte le informazioni, ottimizzando il lifecycle delle applicazioni per scalare e aumentare le performance, supportando il provisioning flessibile delle applicazioni attraverso risorse sia fisiche che virtuali. Cisco ha recentemente acquisito la californiana CliQr Technologies che opera nel settore delle applicazioni per il cloud e la cui tecnologia è già integrata in diverse soluzioni. La cosiddetta digital business transformation sta generando una domanda di reti senza precedenti. Questo fatto porta a cercare un approccio alternativo alle architetture e una maggiore agilità per innovare e competere, come sta avvenendo appunto con il cloud. Inoltre, con centinaia di milioni di dispositivi che si connettono in ogni momento alla rete ed effettuano diversi miliardi di transazioni al secondo, le implicazioni per le reti e la necessità di ripensarne e semplificarne l’architettura e la gestione sono evidenti. Per le aziende, non solo nel nostro Paese, trascurare questo aspetto e non investire nel networking significa perdere un vantaggio competitivo forte. Senza dubbio il cloud ne è abilitatore: garantendo un processo decisionale più celere, indirizza le esigenze di digitalizzazione e innovazione con maggiore flessibilità e agilità in modo da essere più competitivi sul mercato. La scelta di un’architettura cloud permette, inoltre, una maggiore agilità con benefici sui profitti e su eventuali nuovi business e, grazie al cloud, si può contare sul potere della virtualizzazione e automazione dell’intera supply chain».

L’infrastruttura portante

Per Andrea Missori, head of IT & cloud technology integration di Ericsson Regione Mediterranea, le reti di comunicazione e le architetture in cloud rappresentano in maniera sempre più visibile l’infrastruttura portante e strategica al centro di qualsiasi industria. «Questo vale sia per le nuove realtà nate nell’era di Internet sia per le aziende tradizionali che stanno cercando di utilizzare le reti e il cloud nei loro processi di trasformazione digitale» – afferma Missori. «Senza dimenticare che le esigenze di controllo dei costi, velocizzazione dei processi e ottimizzazione delle risorse stanno spingendo sempre più la pubblica amministrazione verso processi di virtualizzazione degli ambienti IT. Si tratta quindi di un processo evolutivo che attraversa tutta l’industria e la società, e che sta generando nuove tecnologie, passando spesso tramite la virtualizzazione per poi arrivare al cloud. Il passaggio naturale per un’azienda tradizionale è quello di sviluppare i data center prima con software non centralizzato e successivamente evolvendo verso il cloud, privato o pubblico che sia, con una separazione logica netta tra infrastruttura e software. Rispetto all’evoluzione verso il cloud, siamo in una prima fase che vede affacciarsi sul mercato i front runners, ossia le aziende più innovative, che stanno definendo la tecnologia e i processi in cloud. E con queste aziende, Ericsson sta lavorando proprio allo sviluppo del paradigma. A seguire si muoveranno tutte le altre aziende, ed è a quel punto che la tecnologia cloud raggiungerà la maturità e la “scala” necessaria, consolidando i vantaggi per il mercato. La principale opportunità di business è legata alla capacità di guidare tale trasformazione. Ciò significa essere in grado di snellire i processi, ripensare la tecnologia, adattare i propri modelli di business all’esplosione dell’Internet delle cose con una focalizzazione alla sostenibilità ambientale. Una storia di successo per Ericsson è rappresentata dall’attività con Maersk: abbiamo ripensato assieme i processi e la tecnologia per gestire le rotte delle grandi flotte, velocizzando le traversate, incrementando la sicurezza e riducendo i consumi di carburante».

L’evoluzione del networking

Continuiamo il giro d’interviste con Stefano Brioschi, Aruba category manager di Hewlett Packard Enterprise Italia, secondo il quale l’evoluzione nell’ambito del networking è sicuramente guidata dall’open standard e dalla rapida virtualizzazione in ambiente cloud. «Ormai il confine tra la rete fisica e la rete virtuale si è ridotto moltissimo» – fa notare Brioschi. «E le applicazioni e i nuovi servizi offerti dai data center, che necessitano di performance sempre più elevate e di maggiore reattività, hanno richiesto alle reti di evolversi per poter sopravvivere e rimanere al passo con l’evoluzione tecnologica di server e storage.

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La diffusione di app e social media installati sui mobile device moderni ha portato a una crescita notevole del cloud computing, inoltre la sempre maggiore pervasività dell’IoT contribuisce in modo sostanziale all’aumento di volumi di big data. È quindi necessario garantire maggiore controllo delle politiche di accesso e maggiore attenzione alla qualità dei servizi offerti agli utenti, nonché assicurare reti dinamiche in grado di adattarsi all’applicazione utilizzata, senza richiedere la riprogrammazione da parte dell’utilizzatore. Il software defined networking (SDN) è un esempio di come si possa evolvere il networking, passando dall’applicazione all’infrastruttura, attraverso l’utilizzo di API che orchestrano la rete e che attraverso l’Open Flow trasferiscono alla rete stessa la modalità di programmazione richiesta in tempo reale dall’applicazione in uso. è evidente come questo processo cambi le “regole” del networking. In passato, all’interno di un’infrastruttura, gli apparati switch o router rappresentavano la parte più statica da programmare mediante un’interfaccia meno user-friendly di tipo command-line, inoltre la parte statica e poco flessibile della configurazione degli apparati rallentava l’evoluzione dei servizi disponibili. Oggi, l’evoluzione dell’infrastruttura e dei servizi offerti in cloud rappresenta un’opportunità di business nell’area del networking. In questo ambito, HPE ha ampliato il proprio portfolio di offerta nelle aree della mobilità e della gestione di politiche di accesso alle reti, con l’acquisizione di Aruba Networks, nonché nell’area dell’IoT, attraverso la sensoristica BLE in ambito di mobile engagement. Per quanto invece riguarda l’offerta data center, l’evoluzione guidata dalla virtualizzazione sta disegnando nuovi scenari che consentono di garantire in modo agile sempre maggiore disponibilità di servizio».

Terminiamo questa breve raccolta di opinioni attraverso la voce di Matteo Masera, direttore commerciale di PRES. «Il mondo del cloud ha aperto le reti aziendali a nuovi orizzonti. Non ci sono più confini fisici, ma solo logici» – spiega Masera. «E i dati entrano ed escono dalla rete aziendale, mettendo in evidenza nuove criticità. Sicurezza e agilità sono diventati i punti critici di ogni network aperto ai servizi cloud. Fondamentali sono diventate le regole e gli automatismi necessari a garantire la sicurezza dei dati aziendali in una rete senza confini e in continua evoluzione. Queste nuove necessità aprono ai system integrator molteplici opportunità. In particolare, PRES sta avendo un notevole successo con la consulenza e la formazione dei clienti su nuove tecnologie, con la proposizione di applicazioni e device che contribuiscono a ottimizzare le implementazioni di nuovi servizi cloud e con innovativi managed services che supportano il cliente nella gestione delle nuove reti».

Conclusioni

Nella scorsa edizione di settembre di NetEvents, manifestazione IT che si tiene a Saratoga nella Silicon Valley californiana, è stato decretato l’addio definitivo del mainframe, ossia del paradigma dell’enorme computer centrale su cui è nata l’informatica nei lontani anni 60 del secolo scorso. L’ultimo addio è stato celebrato dopo che anche il colosso multinazionale Johnson&Johnson ha deciso di spegnere il suo ultimo “cervellone”, passando definitivamente al cloud. Molto interessanti i dati che ha esternato Jim McNiel, chief marketing officer di NetScout Systems: in trent’anni la velocità delle connessioni è cresciuta di 333 milioni di volte e la potenza di calcolo di 359 milioni, mentre nello stesso tempo sono crollati i costi, ad esempio quello della memoria è passato da 437mila dollari al megabyte all’attuale di 0,03 centesimi per un gigabyte. Nell’ultimo Cisco Visual Networking Index di pochi mesi fa, che fotografa i trend di crescita previsti per i dati scambiati online, si prevede che il traffico annuale su Internet supererà la soglia dello zettabyte nell’anno in corso (e forse, lo ha già superato). Una cosa enorme se si pensa che uno zettabyte significa un triliardo di byte, in altre parole, mille miliardi di miliardi di byte. Per darvi un’idea significa, per esempio, un milione di volte le informazioni contenute in tutte le biblioteche degli USA. Lo stesso studio prevede un raddoppio di traffico entro il 2019, ossia due zettabyte. In pratica, il traffico che è previsto su Internet equivarrà al traffico sommato di tutti gli anni precedenti da quando la rete ha cominciato a fare i suoi primi passi commerciali, e cioè a partire dalla prima metà degli anni Ottanta del secolo scorso. Insomma, l’elettronica IT e l’evoluzione delle TLC sono diventate così potenti, economiche, convergenti e pervasive da indirizzare un cambiamento epocale inimmaginabile fino a pochi lustri fa. La possibilità di affittare enormi risorse elaborative e di storage in rete con pochi click, oltre che applicazioni, rendono superflui e costosi non solo i “vecchi” mainframe ma anche i data center privati più moderni, e questo grazie alla Rete. Insomma, oramai è possibile dire che “la rete sia diventata il computer”.

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