Il 20% di malati sviluppa il cancro al polmone per cause diverse dalle sigarette

Se smettere di fumare sicuramente è un enorme vantaggio per la salute dell’organismo, purtroppo non basta per tenere lontano il tumore al polmone. Sembra infatti che circa il 20% delle persone che si ammalano sviluppino un’infezione da microrganismi, secondo quanto spiegato dagli esperti 17esima Conferenza mondiale sul cancro al polmone, svoltasi recentemente a Vienna.

Virus e batteri tra le principali cause

A sostegno di questa teoria è Harald zur Hausen, Premio Nobel per la Medicina nel 2008, che spiega come virus, batteri e funghi potrebbero avere un ruolo decisivo nello sviluppo del cancro al polmone, che può essere diagnosticato con un semplice esame del sangue:

“Mentre il fumo è chiaramente il maggiore fattore di rischio per il tumore al polmone, con il 25% circa di forti fumatori che svilupperanno la malattia sul lungo termine – ha sottolineato zur Hausen – è però vero che il 20-25% dei pazienti non è mai stato fumatore, e ciò indica che devono esserci delle influenze addizionali per lo sviluppo di tale forma tumorale”.

“I virus ‘oncogenici’ – aggiunge l’esperto – richiedono delle modifiche genetiche affinché il cancro possa svilupparsi, poiché le infezioni virali in se stesse non sono sufficienti a determinare il tumore”.

I batteri maggiormente incriminati sarebbero quelli che arrivano dal contatto con gli animali domestici, come spiega zur Hausen:

“Possibili veicoli di questi microrganismi sarebbero gli animali domestici e non, i quali potrebbero portare virus patogeni che, sebbene non pericolosi per gli animali stessi, risulterebbero cancerogeni allorché trasferiti all’uomo; ciò spiegherebbe, peraltro, l’alto rischio di tumore polmonare in alcune categorie come ad esempio i macellai ed i lavoratori dei macelli”.

L’importanza dell’immunoterapia

In Italia si registrano quotidianamente più di 110 nuove diagnosi di tumore del polmone, per un totale di 41.300 nuovi casi stimati l’anno, di cui l’80% è causato dal fumo.

La Stampa  riferisce che la speranza maggiore risiede oggi nell’immunoterapia, cioè una serie di cure che utilizzano il sistema immunitario dell’organismo per sconfiggere le cellule tumorali.

“L’immuno-oncologia – sottolinea il professore Federico Cappuzzo, direttore Oncologia all’Ospedale di Ravenna – ha già evidenziato risultati decisivi in seconda linea nella fase avanzata della malattia. La sfida ora è individuare i pazienti che possono maggiormente beneficiare di questa nuova arma in prima linea, cioè al momento della diagnosi”.

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