I due cani sopravvissuti al terremoto verranno adottati da pazienti cardiopatici

Si chiamano Jak, 5 anni, e Lola, 2 anni, due dei cani che si sono salvati dal terremoto in Centro Italia ritrovandosi però all’improvviso da soli, senza i proprietari. Ora finalmente vengono adottati da pazienti cardiopatici con l’obiettivo di allungarne e migliorarne la vita, una prospettiva che si basa sul parare degli esperti secondo i quali la convivenza con i cani aumenterebbe di ben quattro volte la sopravvivenza di chi soffre di cuore.

L’adozione è parte del progetto della Fondazione Iseni di Malpensa, che dichiara di voler “superare il concetto di semplice pet therapy”. Da questo momento in poi i pazienti degli istituti di ricovero del gruppo potranno infatti proseguire gratuitamente la loro terapia clinica accogliendo in famiglia un cane. Jack e Lola provengono da un centro di Foligno, nella provincia di Perugia devastata dai terremoti, partner di Animal’s Emergency. Nella sede di Trezzano sul Naviglio (Milano) ci sono altri venti cani circa pronti per l’adozione, un quarto dei quali già preparati per vivere con un cardiopatico.

I benefici di avere un cane in famiglia

Tra gli scopi principali dell’iniziativa c’è quello di ridurre il più possibile il problema degli abbandoni, che sono circa 100-150mila ogni anno in Italia,  creando una rete con ospedali ed enti animalisti e sperimentando concretamente i benefici della pet therapy. Come spiega Andrea Macchi, direttore generale di Iseni Sanità, vivendo con un cane in casa “scendono i valori di pressione, glicemia, stress e colesterolo”. “Essere positivi – ha aggiunto – doversi occupare di un cane e fare più moto anche per portarlo fuori migliora la vita sia fisicamente che psicologicamente“.

“I nostri esemplari sono scelti anche valutando le compatibilità con le persone e poi sono inseriti gradualmente nelle famiglie”, ha spiegato Nino Ussia, presidente di Animal’s Emergency. “Il progetto rientra nell’umanizzazione della cura, nel concetto che il malato deve sempre essere messo al centro della terapia”, ha sottolineato Fabrizio Iseni, presidente della Fondazione omonima.

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