Sono 83 le varianti genetiche che determinano se diventiamo alti o bassi

Il segreto dell’altezza è nascosto nel Dna. Conoscerlo però non porterà mai allo sviluppo di un farmaco capace di influenzare i meccanismi di crescita nelle persone con misure normali. Lo scopo dello studio pubblicato dalla rivista Nature infatti è la cura di malattie ereditarie gravi, come il nanismo. Una recente ricerca ha dimostrato che l’altezza, da sempre considerata un fattore di bellezza, sarebbe invece una caratteristica legata in modo negativo all’incidenza dei tumori. Le persone più basse sarebbero invece più esposte a sviluppare problemi cardiaci, secondo altre ricerche.

Giuseppe Novelli, dell’Università di Tor Vergata, spiega: «Non si tratta di geni mutati ma di varianti rare, individuate grazie a un’indagine su circa 700mila individui».

Nell’elenco delle varianti genetiche che determinano la statura troviamo la stanniocalcina, una proteina che interferisce con l’assorbimento del calcio nelle ossa, fondamentale per lo sviluppo dello scheletro. C’è anche l’elastina, determinante nella costruzione delle pareti dei vasi sanguigni. Non si sapeva che avesse un secondo ruolo.

Quei due centimetri in più

Allo studio hanno collaborato trecento ricercatori in tutto il mondo, coordinati da Guillaume Lettre, dell’Università di Montreal (Canada), analizzando il genoma di un numero straordinario di volontari. I nuovi 83 geni sono fondamentali nel determinare il meccanismo dell’accrescimento più degli altri 700 già identificati come produttori di sostanze chiave nell’espressione della statura.

Se crescendo rimarremo bassi o diventeremo alti dipende al 90% da questo ristretto numero di geni che determinano l’allungamento corporeo di due centimetri, Una scoperta che apre nuovi scenari in altri campi della medicina, dimostrando che l’ereditarietà fantasma non esiste e che la genetica offre una risposta a moltissime caratteristiche dell’essere umano. Questo metodo di Lettre potrà dare risultati insperati per malattie molto comuni, dal diabete all’aterosclerosi, nell’ottica di arrivare a sviluppare nuove cure.

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