Industry 4.0 secondo Interroll e il Politecnico

Industry 4.0

Un breve incontro con Interroll e il PoliMI, dedicato al tema che sta dominando il mondo del manufacturing, ha consentito di focalizzare lo stato dell’arte e le evoluzioni attese

Tutti ne parlano: è uno dei temi dominanti in questo periodo storico nel mercato ICT e coinvolge in modo importante le aziende italiane. Si tratta di Industry 4.0, un termine coniato in Germania che ha rapidamente attecchito in tutta Europa, perché racchiude in sé molti argomenti che caratterizzano l’evoluzione delle tecnologie ICT di questi ultimi anni, come per esempio IoT (Internet of Things), Cloud Computing, Big Data e mobilità. Interroll Italia, azienda multinazionale leader nel settore dell’intralogistica e del motion, ha deciso di presentare, avvalendosi dell’apporto del professor Marco Taisch, ordinario di Advanced and Sustainable Manufacturing presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, lo stato dell’arte nel percorso evolutivo che porta, appunto, alla Trasformazione digitale e all’Industry 4.0 delle aziende italiane. Lo ha fatto pochi giorni fa a Milano, e l’incontro si è trasformato in un interessante scambio di opinioni su cosa fare e come farlo per sfruttare al massimo le opportunità offerte da questa evoluzione.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Componenti e competenze

Il benvenuto, affidato a Claudio Carnino, direttore commerciale e country speaker di Interroll in Italia, ha sottolineato come siano due le esigenze fondamentali per l’evoluzione a Industry 4.0 oggi: componenti e competenze. Attività in cui Interroll si distingue, creando «componenti visionarie», che consentono di spostare oggetti in modo più veloce, più efficace, più intelligente. Tema ripreso dal prof. Taisch, che ha aggiunto un altro soggetto importante: la cultura. «I prodotti del futuro saranno più intelligenti, grazie ai sensori, più connessi, più verdi, più personalizzati – ha commentato Taisch -. Inoltre utilizzeranno nuovi materiali». È ovvio dunque che occorre un importante sforzo di crescita culturale, anche perché: «Le rivoluzioni industriali di una volta avvenivano in tempi molto più lunghi di una vita umana: oggi sono molto più brevi, e si corre il rischio di “rottamare” le persone perché mancano delle competenze necessarie». Un’indagine condotta dal Politecnico di Milano nel 2016 tra le aziende italiane ha evidenziato che, nel 38% dei casi, non avevano mai sentito parlare di Industry 4.0, rendendo evidente la necessità di acculturamento e di attenzione alla crescita delle competenze, appunto.

Leggi anche:  Dati resilienti, in cinque mosse

Per spiegare come cambia la percezione del mondo con le nuove tecnologie, Taisch si è affidato a un esempio, legato alle connected car. Se io guido sull’Autostrada del Sole, mi sto avvicinando al casello di Roncobilaccio e devo mangiare, il computer di bordo della mia macchina si può collegare al cloud e, sapendo che a me piace la pizza, rintracciare tutti i punti di ristoro in zona che possano offrire la pizza in quel momento. «Nel 2020 ci saranno 50 miliardi di dispositivi connessi a Internet, che potrebbero diventare poi addirittura 500 miliardi (stima Oecd)». Ma il processo evolutivo va addirittura oltre Industry 4.0 per arrivare, ha spiegato Taisch, alla “Value Chain 4.0”. «L’Internet delle cose si assocerà all’Internet dei processi e dei servizi, nonché alla “Internet of Brains”», in cui tutti scambieranno dati con tutti, persone e oggetti. Il futuro però è roseo, grazie alle nuove tecnologie e soprattutto al modo in cui operano in sintonia,«aiutando e non sostituendo gli esseri umani», ha sottolineato ancora Taisch.