Piccole differenze del cervello consentono di capire se un neonato si ammalerà di autismo

Prima che la malattia manifesti i suo sintomi, che in genere non compaiono prima dei due anni di vita, sarà già possibile predire se un bebè soffrirà di autismo grazie ad una risonanza che evidenzia differenze nelle connessioni tra le diverse aree cerebrali. Un traguardo importante, raggiunto grazia d una ricerca pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine da un team di scienziati che attraverso una serie di studi hanno messo in luce come come piccole differenze anatomiche, strutturali e funzionali del cervello permettano di comprendere già dai primi mesi l’eventuale sviluppo dell’autismo. Questo disturbo cognitivo, di cui di recente è stato individuato il gene scatenante, non è causato dai vaccini, come si credeva erroneamente un tempo, ma i suoi fattori di sviluppo sono già presenti durante la gestazione.

Fondamentale la diagnosi precoce

Lo studio ha preso in esame un campione di 59 neonati ad alto rischio di malattia (perché con un fratello maggiore autistico) e ha portato ad una previsione con accuratezza elevata di quali di questi bimbi avrebbero sviluppato la malattia negli anni seguenti. Degli 11 bambini che si sono ammalati, tutti presentavano molteplici differenze nelle connessioni nervose tra 230 aree neurali studiate con la risonanza, in particolare tra aree con una funzione implicata nella malattia (linguaggio, socialità, comportamenti ripetitivi etc). Per contrastare l’autismo è fondamentale una diagnosi precoce, ecco perché l’idea dei ricercatori per il prossimo futuro è quella di sviluppare un test multiplo basato sia sulla risonanza, sia su altri esami da somministrare a bebè a rischio per capire se si ammaleranno o meno.

“Più cose sappiamo sul cervello del bambino prima che compaiano i sintomi – afferma l’autore Joseph Piven – più saremo preparati ad aiutare i bambini e le loro famiglie”.

Leggi anche:  Soffrire di insonnia: il problema di un italiano su tre