Perché l’Italia dovrebbe seguire il modello estone

Dal 2006 al 2016 il paese si è avviato verso un processo di digitalizzazione che oggi lo pone all’avanguardia nei servizi pubblici al cittadino

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Non c’ha messo molto Toomas Hendrik Ilves, ex presidente dell’Estonia, a convincere la platea del Brain Bar Budapest di quanto siano stati bravi i suoi elettori nell’accogliere il processo decennale di digitalizzazione del paese. Dal 2006 al 2016, il governo di Tallinn ha lavorato per convertire molti dei servizi in ottica liquida, eliminando cioè le lunghe code agli sportelli e portando tutto sui computer, dopo poco sugli smartphone. Il risultato più evidente è stata la conversione di oltre 1 milione di carte di identità da documento cartaceo a digitale, usato non solo come strumento di riconoscimento ma anche come porta di accesso a numerose piattaforme. Quali? Ovviamente quelle gestite dagli enti pubblici ma anche da banche e portali di commercio elettronico, nell’ottica di rendere sempre più difficile il furto di dati personali e le attività fraudolente online. Un percorso di innovazione che si è reso necessario all’interno di un paese che tenta a suo modo di emergere a livello economico, dopo aver raggiunto l’indipendenza dalla Russia, che rappresenta ancora una minaccia, soprattutto se le mire sull’Ucraina dovessero spostarsi più in là.

Futuro in bit

Per Ilves, il futuro dell’interazione tra pubblico e privato non può che basarsi sulla costruzione di una rete sicura, dentro la quale le persone devono sentirsi protette. Per questo non bastano le attività delle aziende private, che spingono nell’aggiornare infrastrutture e reti, ma c’è bisogno di un organo superiore che garantisca un corretto svolgimento delle operazioni e del flusso di informazione tra i nodi. “Certo, oggi abbiamo le singole compagnie che dicono di proteggere le nostre identità ma chi garantisce quelle stesse compagnie? – ha spiegato – per questo la politica e le leggi sono determinanti per muoversi su un livello successivo”. Ancora una volta, il database digitale dei residenti risulta un perno essenziale per muoversi davvero all’interno di un mercato continentale. L’idea dell’ex-presidente è quella di un Europa (l’Estonia fa parte dell’UE) in cui le persone possano usufruire senza barriere di servizi anche quando si trovano all’estero.

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Un esempio? Un estone che si trova in Ungheria potrebbe ottenere le stesse agevolazioni che ha a casa quando si reca in farmacia per acquistare un medicinale di cui fa abitualmente uso. Utopia? No, l’esempio della piccola nazione dimostra che è tutto fattibile. Certo, proprio a causa delle sue dimensioni, l’Estonia ha potuto convertire i suoi abitanti in cittadini digitali nel giro di poco mentre altri stati incontrerebbero difficoltà maggiori. Ma il tempo gioca a nostro favore: oggi le possibilità della pubblica amministrazione non sono quelle del 2006, anno in cui Ilves ha dato il via alla rivoluzione 2.0.