Wearable, il mercato è cresciuto del 17,9% nel 2017

In difficoltà sin dall’inizio, il settore degli indossabili vive un momento di ripresa grazie a Apple Watch, Fitbit e Xiaomi

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Per comprendere quella difficoltosa giungle che è il settore degli indossabili basti pensare che nonostante gli sforzi delle multinazionali, per anni è stata Fitbit a dettare legge. La compagnia dietro la smartband per il fitness ha tenuto a galla un mercato sin dall’inizio in difficoltà, su cui le compagnie avevano puntato forse troppo. Le cose sono cambiate quando sono entrati in gioco i brand orientali, come Xiaomi e Huawei, con oggetti dedicati al pubblico autoctono, decisamente diverso da quello occidentale e più volenteroso di portare tecnologia addosso, non solo a scopo sportivo. Ed è così che, per la prima volta, Fibit lascia il posto di regina dei wearable proprio a Xiaomi che, oltre a smartphone di tutto rispetto (mai arrivati in Europa ufficialmente), si è messa a realizzare anche le famose Mi Band, device da 20 euro molto utili a chi si allena anche sporadicamente, per tenere sotto controllo l’attività fisica.

Risale la Mela

La leggera flessione vissuta da Fitbit ha permesso ad Apple di prendersi la seconda piazza a livello globale, visto che IDC assegna a Cupertino il 14,6% di market share, solo lo 0,1% in meno di Xiaomi e 2.3 punti in più di Fitibit, al terzo posto. Decisamente indietro Samsung, al 5,5%, pur con un prodotto di valore come il Gear S3 e Gear S3 Frontier e la serie di Fit e Fit 2. In totale sono 24,7 milioni i wearable spediti nel primo trimestre del 2017, il 17,9% in più dello stesso periodo di riferimento un anno fa, un trend in crescita anche se riguarda numeri estremamente piccoli se paragonati a quelli di altre categorie di consumo elettronico. Eppure il potenziale è alto: con una vasta molte di informazioni e dati personali a disposizione delle compagnie, gli indossabili potrebbero svolgere la funzione di centro di controllo della propria vita hi-tech su un livello più avanzato. Probabilmente molto cambierà con l’LTE e la possibilità di far comunicare meglio piattaforme differenti; l’interoperabilità resta la chiave di volta, in un contesto dove tra hardware e software non possono esserci più barriere.

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