Dimostrata l’efficacia e la sostenibilità economica della riabilitazione robotica

La maggior parte dei dipendenti teme l'hacking dei robot, ma ritiene che dovrebbero essere utilizzati di più in produzione

Presentati a Roma i dati sulla ricerca realizzata in Fondazione Don Gnocchi, prima del genere a livello internazionale per numero di pazienti coinvolti

Sono stati presentati a Roma, nel corso di un convegno promosso dalla Fondazione Don Gnocchi dal titolo “La tecnologia e la robotica in Riabilitazione”, i risultati finali di un inedito studio scientifico che ha coinvolto parecchi Centri italiani della Fondazione, con l’obiettivo di misurare l’efficacia dell’utilizzo della tecnologia robotica nella riabilitazione dell’arto superiore in pazienti colpiti da ictus.

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Si tratta di una ricerca senza precedenti per numero di pazienti coinvolti, che ha messo a confronto i dati raccolti da pazienti trattati con le nuove tecnologie (complessivamente oltre 250) con i dati raccolti da pazienti trattati secondo le terapie tradizionali.

I risultati dimostrano che la riabilitazione con tecnologie robotiche è certamente efficace nel recupero dell’arto superiore dopo ictus. Non solo, per alcuni aspetti – come ad esempio i movimenti di presa della mano, di flessione dell’avambraccio sul braccio e di abduzione della spalla la riabilitazione con tecnologie robotiche si dimostra più efficace della riabilitazione convenzionale, permettendo al paziente di raggiungere prima nel tempo importanti obiettivi di recupero motorio.  Alcuni pazienti che hanno continuato a fare riabilitazione robotica e che sono stati monitorati per mesi hanno recuperato in modo importante e significativo anche a distanza di un anno dall’ictus, ad esempio riuscendo in azioni comuni come afferrare una bottiglia o bere da soli…

Sono intervenuti ai lavori, tra gli altri, il nuovo direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, professoressa Maria Chiara Carrozza e il direttore generale Ricerca e Innovazione in Sanità del ministero della Salute, Giovanni Leonardi. Il convegno è stato patrocinato dalla Società di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) e dalla Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN).

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«Siamo di fronte ad una sorta di “rivoluzione della riabilitazione” – commenta Irene Aprile, medico neurologo e coordinatrice del Gruppo di Riabilitazione Robotica e Tecnologica della Fondazione Don Gnocchi – dove l’attività del terapista viene sempre più mediata, supportata e valorizzata dalla tecnologia. Le evidenze raccolte e l’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di pazienti i benefici di una riabilitazione tecnologicamente assistita non possono che coinvolgere inevitabilmente le istituzioni e le imprese produttrici, chiamate a fare la loro parte per rendere accessibili, a fronte anche di scenari dove i bisogni sono sempre più diffusi, i costi di una riabilitazione avanzata. A realtà come la Fondazione Don Gnocchi, centri clinici e di ricerca il compito invece di misurare oggettivamente i risultati dei differenti percorsi riabilitativi con l’utilizzo dei robot e di proporre nel contempo modelli organizzativi e di presa in carico economicamente sostenibili».

«Questo studio multicentrico – aggiunge la professoressa Maria Chiara Carrozza, da poco nuovo direttore scientifico della “Don Gnocchi” – valorizza il ruolo della ricerca scientifica in Fondazione: in primo luogo declinando il tema delle nuove tecnologie e della robotica, da cui oggi non possiamo prescindere anche in sanità, al servizio delle persone più fragili; poi esaltando l’importanza della ricerca traslazionale, che cioè abbia un’immediata ricaduta e beneficio nella prassi clinica; infine ricercando collaborazioni e partnership con soggetti esterni, siano essi le aziende produttrici dei dispositivi robotici o altre strutture di ricerca nazionali o internazionali…».

«L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, su vasta scala e supportate dai dati di rigorosi studi scientifici – sottolinea il consigliere delegato della Fondazione, Marco Campari -, riposiziona ancora di più la Fondazione ai vertici in Italia nel campo della riabilitazione. Dentro uno scenario dove le malattie croniche e l’invecchiamento della popolazione rappresentano le sfide più urgenti e delicate della sanità dei prossimi anni, la “Don Gnocchi” si dimostra in grado, grazie anche al sapiente utilizzo della tecnologia, con progetti quali la robotica e la teleriabilitazione, di fornire risposte non solo efficaci, ma anche economicamente sostenibili».

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«Questa ricerca coniuga sapientemente accessibilità alle cure e sostenibilità – chiude il presidente della Fondazione, don Vincenzo Barbante -, valorizzando le professionalità operanti nei nostri Centri, fornendo cioè loro nuove competenze per rispondere sempre più e sempre meglio alle domande di salute delle migliaia di pazienti che si rivolgono a noi, in fedeltà al mandato del beato don Gnocchi e in coerenza alla mission di un’Opera da sempre chiamata alla promozione di una nuova cultura di attenzione ai bisogni delle persone sofferenti e più fragili».

Da più di un anno, in nove Centri della Fondazione Don Gnocchi in Italia sono utilizzati sistemi robotici che integrano e supportano il lavoro dei terapisti nella riabilitazione dell’arto superiore di pazienti colpiti da ictus o altre patologie neurologiche, con un’azione specifica in particolare sui movimenti di mano, polso, gomito e spalla.

Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Milano e Firenze, le due strutture di Roma (“S. Maria della Pace” e “S. Maria della Provvidenza”), ma anche altri Centri come Rovato (Bs), La Spezia, Fivizzano (MS) e altri del meridione d’Italia, solitamente penalizzati dal punto di vista delle prestazioni sanitarie, come S. Angelo dei Lombardi (Av) e Acerenza (Pz): queste solo le strutture della Fondazione dove sono state attrezzate le palestre robotiche e dove la migliore tecnologia oggi disponibile si sposa alla professionalità e all’esperienza di operatori esperti e formati.

A collaborare alla raccolta dei dati dello studio multicentrico presentato durante il convegno di Roma sono intervenute anche le strutture della Fondazione Don Gnocchi di Marina di Massa e Tricarico (Mt), che hanno fornito i dati sui pazienti trattati con le metodologie tradizionali.

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