Una ricerca individua le staminali in grado di riparare il tessuto cerebrale

La sclerosi multipla è una patologia neurodegenerativa contro la quale non si è ancora arrivati a una terapia definitiva, che sia in grado di riparare i danni cerebrali. Di recente però è stato individuato un gene che potrebbe determinarne lo sviluppo e sembra inoltre che bassi livelli di vitamina D costituiscano un fattore di rischio significativo per l’insorgere della malattia. Nella sclerosi multipla alcune cellule del sistema immunitario attaccano per errore e distruggono la mielina, la guaina che riveste gli assoni, compromettendone la funzionalità e provocando gravi problemi neurologici che possono portare fino alla paralisi. Nel corso degli anni sono stati messi a punto farmaci in grado di controllare i sintomi della malattia, senza però riuscire a riparare le lesioni della mielina. Un’altra ricerca ha messo in luce come la sclerosi multipla potrebbe essere sconfitta grazie ad una cura basata sul trapianto di cellule staminali ematopoietiche, solitamente usata contro il cancro. Finora per contrastare la patologia si è fatto ricorso a metodi quali la cannabis terapeutica, mentre un’equipe di ricercatori del San Raffaele è riuscita con alcune staminali prelevate dalla pelle ad agire localmente sull’infiammazione del cervello. 

Il ruolo delle cellule progenitori

Oggi uno studio svolto in collaborazione dall’Università Statale di Milano con il Centro Cardiologico Monzino, l’Istituto Scientifico San Raffaele e l’Università di Ulm in Germani, è arrivato a identificare una popolazione di cellule staminali che, se attivate da un danno neurodegenerativo, possono contribuire alla riparazione del tessuto cerebrale.

Nel cervello ci sono cellule “progenitori”, staminali che non si sono differenziate in cellule con specifiche funzioni, che possono quindi evolversi e diventare oligodendrociti maturi, che generano la guaina mielinica.

“Nostri precedenti studi avevano dimostrato che una sottopopolazione di questi progenitori porta sulla superficie della membrana un recettore, GPR17, capace di promuovere la loro maturazione a cellule produttrici di mielina, permettendo così la ricostruzione della guaina in malattie neurodegenerativequali, ad esempio, la sclerosi multipla, ma non solo, spiegano i ricercatori.

Verso terapie combinate

I progenitori esprimenti GPR17 perdono però la loro capacità riparativa se il tessuto circostante è infiammato.

Lo studio dimostra che questa facoltà è strettamente dipendente dall’ambiente attiguo e per arrivare a questo risultato sono stati adottati due modelli diversi in vivo di SM sui topi: uno caratterizzato da potente demielinizzazione associata a forte infiammazione, l’altro con un grado di infiammazione molto inferiore.

Solo nel modello con minore o assente infiammazione i progenitori riuscivano a maturare in cellule in grado di riparare le lesioni.

La dimostrazione che, abbassando il livello di infiammazione, questi progenitori diventano cellule mielinizzanti, apre la strada a terapie combinate.

La combinazione di farmaci immunomodulanti e anti-infiammatori con le nuove molecole che favoriscono la ricostruzione della guaina mielinica consentirà di contrastare la malattia con risultati più efficaci.

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