Uno studio rivela che alla base dell’amore per gli zuccheri c’è una variazione genetica, che riduce anche la tendenza ad ingrassare

Ecco una notizia che farà molto piacere agli amanti dei dolci, che potrebbero preoccuparsi meno della linea: il gene legato alla predilezione per gli zuccheri è anche responsabile della tendenza ad accumulare meno adipe.

Zucchero sì, ma con moderazione

Ad affermarlo è uno studio  pubblicato sulla rivista Cell Reports e condotto dall’Università inglese di Exeter, che ha studiato la variazione di un gene, denominato FGF21, legata ad una spiccata passione per i gli alimenti dolci. Certo la ricerca non vuole essere un invito ai golosi a lasciarsi andare ad abbuffare incontrollate, è importante sempre non esagerare e assumere zuccheri con moderazione. Consumare troppo zucchero può infatti compromettere le funzionalità del cervello, arrestando la riproduzione delle cellule staminali dell’ippocampo e danneggiando la memoria.
Anche l’OMS raccomanda di ridurne il consumo giornaliero, per apportare benefici alla salute: se le linee guida fissano formalmente al 10% il fabbisogno calorico giornaliero derivante dallo zucchero, il 5% sarebbe il valore raccomandato.

Verso nuovi farmaci contro diabete e obesità

“Questa scoperta contraddice un po’ il comune intuito, ma è importante ricordare che questo è solo un piccolo pezzo del puzzle che descrive le connessioni tra la dieta e il rischio di obesità e diabete”, ha commentato Niels Grarup dell’Università di Copenhagen, che ha preso parte alla ricerca. Lo studio va soprattutto nella direzione di portare allo sviluppo di nuovi farmaci per diabete e obesità.

I ricercatori hanno anche scoperto che gli effetti collaterali legati alla variazione del gene FGF21 non sono tutti positivi: i soggetti presentano anche una pressione sanguigna lievemente più alta e a una maggiore tendenza a concentrare il grasso nella zona addominale. I risultati dello studio condotto da Timothy Frayling si basano su un’ampia base di dati, inclusi campioni di sangue, questionari sulle abitudini alimentari e campioni di Dna di più di 450mila persone registrati in un grande database britannico, la Biobank. “Siamo certi che i nostri risultati siano accurati, circa il 20% della popolazione europea presenta questa predisposizione genetica”, ha concluso Grarup.

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